8.5
- Band: LINKIN PARK
- Durata: 00:36:30
- Disponibile dal: 25/03/2003
- Etichetta:
- Warner Bros
- Distributore: Warner Bros
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L’anno è il 2003, e l’epopea nu metal, dopo aver scosso il mondo della musica da noi prediletta e non solo, comincia ormai ad essere in fase calante. La sovrabbondanza di band esplose in cerca di fortuna, e la ormai ridondanza stilistica della scena, hanno cominciato a stancare l’ascoltare, il quale comincia a guardarsi intorno in cerca di qualcosa di diverso. I Linkin Park, la band probabilmente più famosa del periodo, fresca del polverizzante successo di quella bomba che risponde al nome di “Hybrid Theory”, arriva al varco del secondo album con questo “Meteora”, cercando di dimostrare di non essere stati semplicemente una ‘one hit wonder’, ma bensì una band di sostanza con ancora molte frecce al proprio arco. Come la storia c’insegna, quando un artista raccoglie tanto successo all’improvviso, le possibilità che si bruci, o che tenda a ripetersi per paura di perdere il seguito ottenuto, sono molte. Per i Linkin Park non è stato niente di tutto ciò, poiché i ragazzi californiani sono riusciti a mantenere ben saldi i piedi per terra e a sfornare un lavoro che non solo non scimmiotta il precedente, ma che prende e migliora ciò che di buono la band aveva fatto vedere al debutto, mostrando una crescita sotto tutti i punti di vista. Veniamo subito investiti dall’energia della opener “Don’t Stay”, una vera e propria dichiarazione d’intenti che riprende la freschezza di “Hybrid Theory”, con un groove semplice ed immediato, prima di lasciare spazio al primo singolo “Somewhere I Belong”, vero e proprio inno nu metal che ha fatto da colonna sonora ad un’intera generazione di ragazzi che hanno vissuto la propria adolescenza in quegli anni, pezzo energico e sornione che vede i due frontman Mike Shinoda e Chester Bennington rubare prepotentemente la scena, intrecciandosi e completandosi a vicenda. La chimica tra i due, come sappiamo, è stata uno dei motivi del successo della band, andando a creare un sound assolutamente inconfondibile anche al più distratto degli ascoltatori. La formula vincente viene riproposta con la successiva “Lying From You”, che crea un binomio complementare con l’altra “Hit The Floor”, mescolando intermezzi rappati, skretch e le strofe graffianti in pulito di Chester Bennington. Se con “Easier to Run” tiriamo il fiato, è con “Faint” che raggiungiamo uno degli apici creativi della carriera del collettivo losangelino, grazie ad un intro ed un riff che sono entrati nella hall of fame della musica rock contemporanea, un ritmo incalzante ed un ritornello perfetto, diventando subito un piccolo classico. Tutta la tracklist è costellata da potenziali singoli, con davvero pochissimi cali di tono, ma soprattutto una grande eterogeneità di materiale. Abbiamo l’alt rock suadente di “Breaking The Habit”, esperimento che farà da precursore alla successiva svolta alt rock della band, lo street rap di “Nobody’s Listening”, con un Mike Shinoda costantemente in primo piano o la conclusiva “Numb”, nu ballad che li ha cementati in cima alle classifiche di tutto il mondo, grazie anche alla successiva collaborazione col rapper e Re Mida della scena Jay-Z, tutti episodi che dimostrano la versatilità e la voglia di esplorazione di una band che, volenti o nolenti, è stata tra le più influenti degli ultimi vent’anni.
Chi vi scrive non sarebbe qui adesso se non fosse stato per l’incontro fortuito con quest’album un pomeriggio a casa di un compagno di scuola, e altrettanto si può dire per tantissimi adolescenti cresciuti in quegli anni. I Linkin Park hanno contribuito all’esplosione di un movimento che ha sicuramente cambiato la storia della musica, avvicinando moltissime persone a questo tipo di sonorità, e la perdita di un talento come quello di Chester Bennington, nel 2017, si è davvero fatta sentire.