
6.5
- Band: LINKIN PARK
- Durata: 00:43:23
- Disponibile dal: /05/2007
- Etichetta:
- Warner Bros
Se la prendono con calma i Linkin Park, per sfornare il terzo disco. Certo la pressione sarà stata direttamente proporzionale all’attesa, spasmodica, che i fan e l’industria musicale hanno messo loro addosso. Soprattutto considerando che nei crediti, questa volta, c’è il leggendario Rick Rubin, colui che ha prodotto “License to Ill”, “Reign In Blood”, “Danzig”, “Bood Sugar Sex Magik”, “American Recordings” ed è attualmente in studio con i Metallica, solo per citare alcuni degli album entrati nella storia. Rick è famoso per spogliare gli artisti, indivituarne i punti di forza e costruire l’album attorno a questi. La formazione è rimasta in studio quattordici interminabili mesi e ha composto più di cento pezzi per sfornare “Minutes To Midnight”, e ora che il periodo dorato del nu metal è concluso una svolta era vitale e necessaria. Appare da subito che la virata verso il rock (da classifica) sia la strada intrapresa, ma emerge in maniera evidente anche l’estromissione di Mike Shinoda, notoriamente leader della formazione, rapper e programmatore, dalla struttura della canzone, che ora è più leggera, lineare, classica e distante da quell’elaborata commistione che ha fatto di “Hybrid Theory” e “Meteora” dei best seller apprezzati anche dagli appassionati di hip hop. Le linee melodiche vincenti sono messe davanti a tutto, i beat elettronici sono diventati essenziali e di accompagnamento, le chitarre si sono ammorbidite notevolmente, e a volte escono anche di scena per buona parte della canzone. Ci si trova un disco al primo ascolto spiazzante, ma in fondo valido per i punti cardine irrinunciabili: ci sono buone linee melodiche, passaggi intriganti, canzoni energiche e ruffiane, belle canzoni. “Given Up” apre con il riff più energico e diretto, un vibe punk esageratamente ruffiano e un retrogusto tra Offspring e Lostprophets, urlato ma pettinato per MTV. Si sterza subito con l’ottima ballad “Leave Out All The Rest”, allineandosi alle coordinate delle tracce successive. Shinoda si sente rappare solamente sulla marcia militare di “Hands Held High” e in “Bleed It Out”, ma solo nella prima con sufficiente intensità. Gli U2 di “Joshua Tree” sono citati in maniera quasi letterale in “Shadow of the Day” e nel finale con “The Little Things You Give Away”, una cosa che non vi aspettereste dai Linkin Park ma che suona omogenea in quest’ultimo disco. Certo i singoli ci sono, e l’ottima “What I’ve Done” è il perfetto apripista, ma come è lecito pensare ogni traccia potrà essere estratta facilmente. Ci spiace Mike, ma tu e i tuoi Fort Minor non siete più necessari onstage, grazie per esservi accomodati dietro alla consolle.