7.0
- Band: LIONSOUL
- Durata: 01:06:38
- Disponibile dal: 27/01/2014
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Una line-up di musicisti esperti si nasconde dietro al nuovo monicker di Lionsoul, uniti in un progetto che giunge solo ora al debutto discografico ma che può però senza dubbio contare sull’esperienza dei singoli come punto di forza. Fondati nel 2009 da Aurelio Parise (ex-Walhalla) e Andrea Castelli (Spellblast), rispettivamente chitarra e voce, i Lionsoul vedono poi completarsi le proprie fila grazie ad altri quattro ragazzi del bergamasco: Mattia Belloli (chitarra), Giuliano Canu (tastiere), Roberto Poli (basso) e Luca Secomandi (batteria), una tipica formazione a sei che si dedica ad un’interessante commistione di heavy classico e power metal europeo, con risultati che si possono dire più che soddisfacenti già da subito. Scevri degli accenni progressive di Labyrinth e Vision Divine e ancora più lontani dal sound teatral-cinematografico dei Rhapsody Of Fire, i Lionsoul abbracciano senza misteri il sound del power teutonico, prendendo a piene mani dal repertorio stilistico di Helloween e Gamma Ray, ma andando spesso anche a parare su lidi ancora più terremotanti come quelli dei primi Blind Guardian o indugiando talora su composizioni di marca Running Wild. Tutto il meglio della Germania in metal insomma, per un risultato che, sebbene rimanga assolutamente canonico e stereotipato nello stile, risulta però piacevolmente arricchito dalla differenza di sound delle band sopra citate. Da questo punto di vista, infatti, ci sentiamo di muovere un plauso in direzione della band bergamasca: la scelta di incorporare elementi provenienti da diverse band, usando come collante il metal classico degli Iron Maiden, dà i suoi frutti, nascondendo l’oggettiva derivatività della proposta dietro una facciata esaltante e piacevole. Come è lecito attendersi, non vi è un elemento nel gruppo che spicchi sopra gli altri: sono la compattezza e l’affiatamento a colpirci positivamente, facendoci rendere conto dell’importanza di ciascun musicista nella band. Muoviamo dunque un primo plauso alla coppia Secomandi/Poli, abilissima nella creazione di una concreta base ritmica, e sicuramente non abbiamo critiche da muovere alla voce acuta di Parise, o all’affiatata coppia d’asce Belloli/Castelli, ben coadiuvati nei loro fraseggi dall’indispensabile supporto delle tastiere di Canu. All’insegna dunque di una buona alchimia tra i musicisti nascono quindi una manciata di canzoni intriganti e di facile assimilazione, che esplorano lidi assai veloci e melodici come in “Heavenly Ride” o “Liar”, o che preferiscono un sound più violento e concreto, come nelle più tirate “The Priescent” o “Rage Of The Waters”. Accenni di qualcosa di inaspettato e originale possiamo trovarli in “Tigers Of Gaugamela” con la sua intro arabeggiante o nella conclusiva “Omega”, che nei suoi dieci minuti riesce anche a regalarci qualche momento più teatrale e un buonissimo assolo finale, assai atipico per il power metal e derivante quasi dal progressive. La qualità come avrete capito c’è, l’esperienza pure e le idee non mancano… “Omega” è sicuramente un lavoro di cui essere felici, sia come musicisti che come ascoltatori. Certo, per raggiungere la zona Hot Album avremmo magari cercato di variare un po’ sullo stile generale e di puntare su una minore dipendenza dal sound delle band citate ma, come abbiamo detto sopra, questo difetto risulta in larga parte mascherato, e l’unico momento di lieve noia lo avvertiamo all’altezza di “Shadow Of The Balck Horse”, dove cominciamo a sentire il peso del suono un po’ monocorde delle canzoni precedenti. Per il resto, abbiamo solo complimenti da muovere a questi sei ragazzi: se tutti i debutti nel genere power melodico fossero come questo, molta meno gente parlerebbe del power metal come di un genere finito…