7.0
- Band: LO!
- Durata: 00:41:15
- Disponibile dal: 22/04/2013
- Etichetta:
- Pelagic Records
- Distributore: Audioglobe
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Degli australiani Lo! ci ricordiamo con piacere il loro album di debutto, quel “Look And Behold” suonato con mestiere nella sua irruenza strafottente che metteva un po’ d’accordo post-hardocre con post-metal, Converge con Mastodon. Li ritroviamo ora, sempre su Pelagic, con questo selvaggio “Monstrorum Historia”, un disco che, rimanendo ben ancorato a quella musica massiccia e imprevedibile, non punta molto a cambiare la carte in tavola. Il quartetto dà l’impressione di aspettare il momento giusto per provare a sbilanciarsi a livello stilistico, limitandosi, per ora, a riproporre le efficaci onde sonore dell’esordio, in cui il calderone di suoni “post”, fungente da fulcro, è solo l’inizio per una rapida ramificazione verso contaminazioni di diversa natura – sludge, math, eccetera. Nulla di estremamente cervellotico o di complicato, il secondo sigillo dei Nostri denota, al contrario, una voglia di sviluppare completamente le proprie radici musicali senza contaminarle troppo di soluzioni iper-variegate, rifiutando un’eleganza sonora diventata un po’ il biglietto da visita di certe formazioni compagne d’etichetta (The Ocean, God Is An Astronaut). Allo stato attuale delle cose, il segreto che smuove la bestia sembra essere proprio quella voglia di fare tipica delle giovani promesse, più attente all’impatto finale che non alla ricercata sostanza, e in questo caso i Lo! fanno centro. La cattiveria di “Monstrorum Historia” ricorda, infatti, quell’immediatezza intransigente dei debutti “Remission” dei già citati Mastodon e di “Calculating Infinity” dei The Dillinger Escape Plan, con un pizzico di quell’hardcore schizoide di Converge e un’accentuata vena noise alla Old Man Gloom. In questo senso, piacciono parecchio episodi abrasivi come “Caruncula”, imbastita di ritmiche ciccione e sviluppata sopra un’inarrestabile istinto primordiale, rivelandosi il pezzo più compatto dell’opera. Convincono molto anche i cambi di tempo e di sensazioni, ben rappresentati da “Palisades Of Fire” con il suo iniziale arrembaggio in crescendo e con quella chiusura sludgy tanto naturale quanto sofferente. Non nascondiamo un certo rammarico per la quasi totale assenza di nette prese di posizione: uno sviluppo maggiore di trame magari più personali o uno straccio di novità. Tuttavia, nel complesso, possiamo ritenere la seconda fatica della band di Sydney un lavoro valido e compatto, capace di destare interesse e di regalare una manciata di tracce che rendono giustizia all’verbo del post-hardcore/metal. Tutto bello, sì, ma al prossimo giro l’effetto forza di volontà potrebbe svanire.