7.0
- Band: LO!
- Durata: 00:41:01
- Disponibile dal: 07/04/2023
- Etichetta:
- Pelagic Records
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Si fa fatica a parlare del nuovo disco dei Lo! senza sottolineare immancabilmente i soliti attributi dei quattro australiani. Ovvero che frequentino diversi generi senza abbracciarne compiutamente nessuno, che non sappiano offrire nulla di particolarmente distintivo; che in fondo siano sempre stati dei seguaci di alcune correnti (sludge, post-metal più grosso e cruento, hardcore e le sue devianze crust) privi della qualità di rielaborarle e offrirne una propria visione. Tutto vero anche per “The Gleaners”, solo che a questo punto ci sarebbe quasi da chiedersi perché gli si debba offrire attenzione e come facciano a restare ancora saldamente nel catalogo della Pelagic Records, dei loro padri putativi The Ocean.
La risposta è in fondo abbastanza semplice: un album come “The Gleaners” lo si ascolta volentieri, scorre bene, avvince e pensare, si fa in ultimo preferire ad opere magari più coraggiose, o comunque con intenzioni più profonde, però più farraginose e necessitanti di un processo di comprensione più lungo. I Lo! sotto alcuni aspetti paiono arrivare da un’altra epoca, perché di fatto non è che si siano spostati chissà quanto dalle coordinate del primo “Look And Behold”. Gli australiani aggrediscono in prevalenza con pochi calcoli, regolandosi su assalti extreme metal che partono da uno sludge nerastro e bituminoso, lo tritano di hardcore e ci mettono giusto quel barlume di visionarietà per corrispondere in qualche modo ad etichette ‘post’. Ciò accade dosando in misura non equanime rabbia sregolata, un tartassamento ritmico molto pratico e viscerale e propaggini atmosferiche nel loro caso piuttosto stranianti, perché paiono comparire dal nulla, quasi senza un perché.
L’arsenale a disposizione dei musicisti australi è assolutamente convenzionale, però in loro traspaiono una convinzione e una genuinità che li tiene lontani da squallido manierismo e semplice ripetizione di schemi fissi e rigidi. Ai Lo! va riconosciuta l’abilità di saper esprimere quel che c’è da dire in poche battute, sanno essere fulminanti e ferali, muovendosi in un calderone che vede a seconda dei casi svettare Converge, The Secret, The Ocean, Knut, con qualche azzeccata incursione nel death metal. Concitati, frenetici e, all’occorrenza, riflessivi, i Lo! sprigionano il meglio di sé quando non si limitano ad attaccare a testa bassa, ma si (e ci) concedono qualche spazio per respirare, facendo addensare quell’atmosfera apocalittica che sembra parecchio stargli a cuore. La spigliatezza ritmica e l’intrecciarsi di armonie plumbee può ricordare a tratti le scabrosità di gruppi come Tragedy e From Ashes Rise, ed è un elemento importante per non ridurre i quattro a meri picchiatori di periferia.
Come accaduto anche in passato, non vi sono episodi a svettare e porsi quali punte di eccellenza: il lavoro funziona nel suo insieme, nell’essere una colonna sonora dei tempi bui e di imminenza di catastrofe che stiamo vivendo. In questo, oltre alla possente e cupa veste sonora, la band ci aggiunge un efficace concept, che parte dalla pratica nei tempi antichi di salare i territori appena conquistati da truppe d’invasione, per impedire che quei campi continuassero ad essere fertili, e giunge a parlare di alcune insostenibili pratiche di gestione del pianeta oggi in uso.
La soffocante torbidezza dell’insieme la si comprende un po’ alla volta, è da circa metà disco in avanti che le strutture e gli arrangiamenti si ampliano, per portare il racconto a un livello di trasporto superiore, e non è un caso che siano le due tracce di maggior durata ed elaborazione, “The Gleaners” e “Mannons Horn”, a farsi meglio apprezzare. Difficilmente i Lo! riusciranno a diventare una realtà di primissima fascia, gli va riconosciuto che proseguono nel portare avanti un loro discorso musicale energico, sferzante e contraddistinto da un pressante pathos. Può bastare per promuovere questa loro quarta prova su lunga distanza.