5.5
- Band: LOCH VOSTOK
- Durata: 00:52:36
- Disponibile dal: //2007
- Etichetta:
- Escapi
- Distributore: Self
La Escapi negli ultimi tempi si sta facendo largo tra etichette ben più quotate soprattutto grazie ai propri talent scout che cercano (anche se non sempre riescono ovviamente) di scovare nuovi talenti che abbiano quel tocco in più e sappiano in qualche modo apportare una certa varietà musicale all’interno del roster dell’etichetta. Questi Loch Vostok con il qui presente “Destruction Time Again!” giungono al secondo full length, dopo l’esordio del 2003 intitolato “Dark Logic” e pubblicato dalla label portoghese Magnetism Records. Questo atto secondo mostra una band alle prese con una sorta di extreme progressive metal che, come giustamente riportato nella bio, ha nelle proprie influenze Dream Theater, Soilwork e, in misura minore, Emperor: le note ufficiali citano anche Cynic ed Agent Steel ma, per chi scrive, risultano dei paragoni troppo forzati, seppure in minima parte veritieri. Il leit motiv dell’album è fatto di una struttura di melodic death sulla quale si sovrappongono, soprattutto a livello chitarristico, dei pattern progressivi che però, più che arricchire le tracce di nuovi spunti, le spezzettano rendendole poco omogenee. Il lavoro dei singoli è tecnicamente buono, seppure non trascendentale, mentre a livello di songwriting il lavoro da fare è ancora molto. L’album presumibilmente piacerà molto più ai fan dei Soilwork che non ai prog maniac, seppure qualche spunto che possa interessare anche loro è presente nel DNA della band. Ad esempio in “Jonestown Slumber Party”, probabilmente il brano più compiuto del lotto, assistiamo a dei passaggi chitarristici, opera di Niklas Kupper, davvero pregevoli ed inseriti in un contesto piuttosto violento e schizoide, dove anche l’istrionico singer passa da un growling piuttosto intenso a delle clean vocals migliorabili ma apprezabili, fino a giungere ad uno screaming piuttosto black oriented. Purtroppo le rimanenti tracce viaggiano su binari dell’ovvietà (“Humanitix”, “Rebound”, “Symbiosis”) o vivono di sussulti death e si stingono nelle partiture progressive (“Xrox Nation”). In definitiva siamo davanti ad una band dalle interessanti prospettive ma ancora troppo acerba e indecisa sul da farsi. Da risentire.