LOCH VOSTOK – Opus Ferox II – Mark Of The Beast

Pubblicato il 15/04/2024 da
voto
7.5
  • Band: LOCH VOSTOK
  • Durata: 00:48:34
  • Disponibile dal: 19/04/2024
  • Etichetta:
  • Vici Solum Productions

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La carriera degli svedesi Loch Vostok si arricchisce di un nuovo tassello, il nono sulla lunga distanza, che contribuisce a definire la band scandinava come un vero e proprio ‘diesel’ della scena extreme progressive metal, di cui i Nostri sono membri decisamente attivi seppur non di elite. Eppure, nel corso degli ormai ventiquattro anni di esistenza – il gruppo si è formato ad Uppsala nel 2000, difatti – i Vostok hanno dimostrato di essere duri a morire e di saper progredire lentamente e a piccoli passi, da qui l’accostamento alla progressione di un motore diesel.
Se nei primi, farraginosi episodi della loro storia, i nordeuropei tentennavano ad esprimere compiutamente la loro musica, è pur vero che prima si arrivò piuttosto tranquillamente al positivo esito di “From These Waters” (2015), poi all’interessante sperimentazione più dark-gothic metal del seguente “Strife” (2017). Dopo la pandemia, però, ecco avvenire la vera svolta nel passato recente della formazione, ovvero l’ingresso in line-up del cantante professionista Jonas Radehorn, vero animale vocale in grado di spaziare tra timbri, toni, stili e approcci in modo sempre naturale e riuscitissimo. A volte Warrel Dane, a volte Bruce Dickinson, più spesso interpretativo à la Matt Barlow, Radehorn trasforma ogni partitura dei Loch Vostok in materia interessante attraverso una notevole dose di classe innata e tecnica sopraffina.
Di pari passo, per fortuna loro, pare siano cresciuti anche i due membri fondatori rimasti e mastermind, ovvero il chitarrista Niklas Kupper ed il chitarrista/cantante Teddy Möller, molto migliorati in termini di maturità e ricchezza nel songwriting e nella strutturazione dei pezzi. Lo avevamo sentito nel precedente “Opus Ferox – The Great Escape” (2021), ed anche in questo nuovo “Opus Ferox II – Mark Of The Beast” risentiamo chiaramente l’ovvio proseguimento delle tematiche presentate nella prima ‘opera feroce’.
Di progressive metal di stampo estremo si parla quando ci sono in ballo i Loch Vostok ma, ad essere precisi, da quando Radehorn regge il microfono degli svedesi le influenze classic metal sono molto più evidenti, quindi possiamo sicuramente accostare al nome del gruppo le derive sonore provenienti da Iron Maiden, Nevermore, Iced Earth, Symphony X, Dream Theater, per poi arrivare ai più aggressivi Soilwork (da metà carriera in avanti) e Into Eternity. Un particolare che torna ancor oggi come in passato e che suona come stranezza nelle composizioni dei Nostri è la marcata presenza di tastiere in sede di arrangiamento, sottofondo o anche come giro portante pur non avendo un tastierista ufficiale nei ranghi della band. Strano, appunto, perchè non è poca la percentuale di importanza dei tasti cromati e dei sintetizzatori nello stile proposto dai Loch Vostok.
Esecuzione pressochè perfetta ed una produzione ben bilanciata – non rude nè troppo aggressiva, ma neanche troppo patinata – completano l’offerta di un’entità che difficilmente riuscirà a far prepotente breccia nei cuori di nuovi appassionati, ma che altresì confermerà facilmente l’affezione di chi già la conosce e la apprezza. Spiccano, in una tracklist sempre vivace e dinamica, una manciata di brani tra i quasi cinquanta minuti, appropriati, di durata del disco: la conclusiva “Ancient Body Switching Ritual”, probabilmente la traccia più varia e complessa del lotto, con arrangiamenti moderni ed epiche parti vocali; il primo singolo edito, nonchè opener del disco, la tellurica “Distant Assistance”, che raccoglie in meno di quattro minuti il meglio dell’attuale stato di forma dei Loch Vostok grazie ad un ritornello tremendamente Iced Earth (e grazie ad un video semplicemente ‘geniale’); “Senses”, minisuite di sette minuti che unisce, ad un incedere ultimi Dark Tranquillity, un approccio più thrash-oriented ed un chitarrismo vivacissimo, fino ad immalinconirsi in un finale ripetitivo e pregno d’epos; chiudiamo la breve rassegna con “Rebel Command”, altro episodio diretto e senza troppi fronzoli, clamorosamente compresso tra Nevermore ed Into Eternity e con un ottimo ritornello.
Insomma, spezziamo un’altra lancia a favore dei Loch Vostok dando loro un buon voto, pur consapevoli di non essere di fronte ad un capolavoro. La band ha però finalmente raggiunto una quota stilistica rimarchevole e piacevole, diremmo da non sottovalutare per nulla, se i nomi citati in recensione vi stimolano a sufficienza le sinapsi uditive. Date loro una chance.

 

TRACKLIST

  1. Distant Assistance
  2. Cult Status
  3. The Great Wide Open
  4. Children Of Science
  5. Senses
  6. Drastic Measures
  7. Rebel Command
  8. Just Like That
  9. Lords Of The Inanimate
  10. Ancient Body Switching Ritual
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