7.5
- Band: LOCH VOSTOK
- Durata: 00:56:09
- Disponibile dal: 25/06/2021
- Etichetta:
- Vici Solum Productions
- Distributore: Audioglobe
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Torniamo ad occuparci degli extreme prog metaller svedesi Loch Vostok dopo aver lasciato al suo destino il precedente e settimo full-length album “Strife”, un buon lavoro che denotava un distacco parziale dalle sonorità pompose e ricche, seppur sempre molto aggressive, solite della band scandinava. Un sound più moderno, d’impatto e malinconico, difatti, stava iniziando a germogliare nel songwriting dei Nostri, che strizzavano l’occhio a gente quali ultimi Katatonia e Dark Tranquillity, oltre che a proferirsi in un uso più regolare del djentiano riffing in palm mute. Uno slancio ispirativo che pareva dare nuova linfa ad una formazione rimasta nelle retrovie per troppo tempo e che ha faticato spesso a trovare una sua connotazione stabile in un genere – il progressive metal estremo – che per definizione ingloba davvero tantissime influenze diverse.
Come avrete notato, stiamo usando l’imperfetto per descrivere il recente passato dei Loch Vostok. Già, in quanto per il nuovo disco, il qui recensito “Opus Ferox – The Great Escape”, il gruppo capitanato dal chitarrista-cantante Teddy Möller e dall’altro chitarrista Niklas Kupper ha deciso di tornare sui propri passi, ingaggiare finalmente un vocalist professionista e con le ‘cosiddette’, e di cercare di proporre il proprio classico stile estremo e progressivo con una rinnovata verve, una produzione potentissima ed una ispirazione tutto sommato molto valida. Jonas Radehorn è il nome del neo-entrato cantante, un vero animale vocale in grado di ampliare di molto le possibilità canore dei Loch Vostok, finalmente all’altezza sotto questo aspetto in tutto e per tutto. Fa strano, di contro, l’abbandono del tastierista Fredrik Klingwall, quando le keyboards sono ancora un tratto ben marcante del sound del quintetto, che può anche vantare le gesta di un ottimo batterista quale Lawrence Dinamarca.
E insomma, ora che la band si può dire formalmente perfetta, come suona “Opus Ferox – The Great Escape”? Be’, ci sono diversi riferimenti pendenti nei confronti di molte band, per cui il metallo estremo dei Vostok non riesce ad essere più di tanto originale o particolare: Nevermore, Blind Guardian, Iced Earth, Opeth, HammerFall per le melodie orecchiabili e potenti dei ritornelli, Symphony X, addirittura Europe per un certo flavour di alcuni momenti in cui i tasti la fanno da padrone… Ecco, molti nomi rispondono all’appello, quindi personalità non alle stelle per i ragazzi di Uppsala, ma è anche vero che, giunti all’ottava prova in studio, se personalità forte ci fosse stata già sarebbe emersa. Perciò possiamo dire che Möller e compari, nel 2021, dimostrano definitivamente di saper maneggiare con maestria e gran gusto compositivo l’extreme progressive metal, senza però colpire dritto al cuore, rimanendo piuttosto freddi e algidi nel rilasciare emozioni veramente sentite e profonde.
La tracklist è comunque variegata il giusto e in generale l’album si fa ascoltare molto piacevolmente, creando quel feeling crescente e appagante che si instaura solitamente quando un disco migliora con l’aumentare degli ascolti. Brani quali “When The Wolves Have Eaten Everything”, la titletrack, la gloriosa “Enter The Resistance”, la più massacrante “Generation Fail” e i due più duraturi “The Freedom Paradox” e “Black Neon Manifesto” (anche dal tenore dei titoli si nota l’influenza dei compianti Nevermore) sono esempi molto buoni del livello raggiunto dai Loch Vostok, formazione che con un colpo di coda forse tardivo può ancora far sentire la sua voce forte e squillante in una scena che finora non è stata molto magnanima con lei. Un distinto ritorno, tecnicamente riuscitissimo, sebbene il precedente “Strife” non ci avesse per nulla deluso e molto incuriosito.