6.5
- Band: LOCH VOSTOK
- Durata: 00:51:46
- Disponibile dal: 29/05/2009
- Etichetta:
- Silverwolf Productions
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Terza pubblicazione per i Loch Vostok, band svedese a cui è stata affibbiata l’altisonante definizione di “Swedish Melodic Death Progressive Metal”: stranamente – e contro ogni pronostico iniziale – dopo aver ascoltato le nove tracce che compongono questo lavoro non si può che concordare con la descrizione fornita dall’etichetta date le molteplici sfaccettature racchiuse nel lavoro. Ben pubblicizzato dalla Silverwolf Productions, il quintetto scandinavo propone un interessante mix di sonorità death sempre inframezzate da elementi più classicheggianti e melodici mantenendo alla stessa stregua del precedente “Destruction Time Again” il doppio cantato (growl e pulito) che contribuisce a creare un elemento di congiunzione tra le parti più riflessive e quelle più aggressive. Le chitarre del duo Möller/Kupper rappresentano il pilastro portante del suono dei Loch Vostok alternando riff pesanti e ritmiche schiacciasassi ad aperture melodiche spesso supportate dalle tastiere di Fredrik Klingwall, ben inserite nell’inferno sonoro e sapientemente utilizzate per rendere più corposo il sound senza mai diventarne parte predominante. Fortunatamente la dualità della voce viene usata sapientemente e non ci troviamo di fronte al solito connubio metalcore strofe incazzate-ritornello melodico che tanto impazza al giorno d’oggi: la voce di Teddy Möller segue di pari passo l’umore dei brani variando e selezionando sapientemente le tonalità da utilizzare. Se sul pulito e sui registri basso-medi la prova di Teddy si rivela convincente, risulta invece alquanto controproducente ed irritante quando si sforza di utilizzare i registri più alti e probabilmente a lui meno congeniali: migliorabile l’utilizzo del growl che non sempre riesce ad essere efficace, facendo storcere il naso in più di un’occasione. I brani contenuti nel platter si dimostrano ben composti ed arrangiati grazie all’ottima preparazione tecnica dei componenti della band, che hanno saputo miscelare sapientemente pesantezza, melodia e perizia esecutiva, abbinando il tutto ad una produzione all’altezza della situazione. Tracce come “Energy Taboo”, “Uncompassion”, “Thirty Years” e “Blindfolds Off” rappresentano i fiori all’occhiello di questo rilascio mettendo sul piatto ottimi riff, ritornelli orecchiabili e una sezione ritmica di tutto rispetto: purtroppo la totale mancanza di parti più immediate e sanguigne limita fortemente la parte emotiva dell’album facendo sembrare il lavoro il classico album composto a tavolino per impressionare l’ascoltatore. Il problema principale di “Reveal No Secrets” è che nelle nove tracce non si accende mai la scintilla che fa decollare l’album, e anche dopo numerosi ascolti ci si rassegna all’evidenza di avere di fronte l’ennesimo album ben suonato e composto ma che non riesce a lasciare il segno: tanta tecnica ma poco cuore. Rimandati alla prossima pubblicazione.