6.0
- Band: LONEWOLF
- Durata: 00:49:36
- Disponibile dal: 05/07/2013
- Etichetta:
- Napalm Records
- Distributore: Audioglobe
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Anche se non in molti magari li conoscono, i Lonewolf sono dei veterani della scena power/heavy: il qui presente “The Fourth And Final Horseman” è infatti il sesto album in carriera per questa band transalpina, il secondo pubblicato sotto Napalm. Questi quattro metallari francesi hanno quindi avuto tutto il tempo necessario per segnare e definire il proprio cammino, auspicabilmente gettando basi solide sulle quali costruire una propria personalità definita che li stacchi dall’anonimato che colpisce solitamente le band dedite ai due generi di cui sopra. In realtà, il cammino dei Nostri sembra ancora lungi dal raggiungere questo obbiettivo perché, se anche qualche tentativo di modifica del proprio suono rispetto agli album passati l’abbiamo trovato, di parlare di ‘personalità definita’ ancora non ce la sentiamo. L’ombra di Running Wild e Grave Digger grava ancora pesante sul pentagramma della band, influenzando un heavy power misto a tendenze a tratti ‘heroic’ (alcuni pezzi ricordano gli Hammerfall più epici) e a tratti folkeggianti, nella direzione cioè già tracciata dagli Alestorm. Il cammino dei Lonewolf sembra insomma quello che ai tempi compirono band quali Orden Ogan (sulle tracce dei Blind Guardian) o Gloryhammer, con la differenza però che queste band la propria identità l’hanno trovata in tempi sicuramente più brevi. Con questo non vogliamo affossare completamente questo prodotto, che in realtà è anche carino: molti sono i pezzi che alla fine dell’ascolto ti trovi a canticchiare sovrappensiero, e sicuramente abbiamo apprezzato l’approccio più puramente heavy delle chitarre, ma purtroppo in questi dieci pezzi fatichiamo a trovare un brano che possiamo definire con aggettivi più esaltanti rispetto a ‘carino’, ‘simpatico’ e ‘piacevole’. La freccia ha centrato il paglione, potremmo dire, quindi qualche punto a casa i Lonewolf se lo portano, ma il centro, quel piccolo circoletto rosso posto al centro del bersaglio, è ancora lontano, e non saranno le melodie ogni tanto azzeccate dal cantante Borner o gli assoli gradevoli dell’axeman Alex Hilbert a raddrizzare la mira. La sensazione è ancora quella di un’eccessiva sudditanza alle band madri, e solo focalizzandosi meglio attorno ai pregevoli input che stanno a poco a poco aggiungendo (le melodie azzeccate della title-track, il fraseggio atipico di “Poison Of Mankind”, il ritornello manowariano di “Time For War”) i Lonewolf potranno avvicinarsi ai cuori non solo dei defender più incalliti.