7.0
- Band: LONG DISTANCE CALLING
- Durata: 49:23
- Disponibile dal: 02/02/2018
- Etichetta:
- Inside Out
- Distributore: Sony
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“Se Boundless suonasse come qualcuno, allora esso suonerebbe come i Long Distance Calling”. Così si presenta quella short story di Benedikt van der Spaans, utilizzata come comunicato stampa per l’uscita del nuovo lavoro dei post-rocker tedeschi. Ancora una volta, dopo la svolta vocale di “Trips”, il quartetto torna a comporre per rock strumentale, sdoganato da voci e innesti testuali. L’iniziale “Out There” è già uno dei segnali più promettenti del nuovo lavoro dei Long Distance Calling: le melodie sono affinate, i suoni sono perfetti, l’impasto ritmico è encomiabile e il brano funziona come perfetta sintesi di quello che sarà tutto “Boundless”, ritornando ad un sound sicuramente più metal-oriented. Le canoniche strutture del post-rock, fatto unicamente di crescendo, sono tenute a bada in favore di un rock strumentale più variegato e libero da vincoli, se non quello di possedere un groove solido su cui collocare piacevoli visioni; visioni che questa volta si avvicinano come non mai all’heavy metal (“The Far Side”, “Ascending”), riempiendosi di riffing e palm muting, ritornando ad una sorta di progetto originario, che ripercorre i Pelican e si avvicina ai Russian Circles. Nell’iniziale “Out There”, opener perfetta, sembra quasi di sentire il riffing di Matheos e dei suoi Fates Warning, quelli di “Parallels”, forse, impreziosendo il lavoro con quel tocco quasi prog metal che ben si fonde con il sound più meditabondo delle composizioni successive. “In the Clouds” è uno dei momenti migliori del discorso, capace di progredire con le sue melodie e strutture riuscite, affabili, orientate all’entrare nel cuore degli ascoltatori, ma da una prospettiva di assoluta maturità da parte del quartetto di David Jordan. “Like A River” ricorda le sponde del Missisippi, qualcosa di blues, orchestra, rock’n’roll, uniti in un vortice di marcette folkloristiche che ricordano i God Is An Astronaut più ambiziosi, sicuramente donando una sfumatura interessante al panorama di genere. Con “On The Verge” ci si apre addirittura a momenti emozionanti, coinvolgenti, diretti, dove emergono le chitarre soliste più rock in favore di una composizione di sicuro impatto immediato, senza risultare mai posticcia o eccessivamente facilona. “Boundless” è un prodotto onesto, fatto di nuovo tutto dai quattro ragazzi, senza volontà di arrivare a più persone, ma confermandosi come realtà di assoluto valore all’interno di un – sicuramente saturo – panorama di rock strumentale.