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- Band: LORD BELIAL
- Durata:
- Disponibile dal: //2002
- Distributore: Audioglobe
“Angelgrinder”, nuovo capitolo della saga Lord Belial, segna un’ardita rivoluzione/rivisitazione di quei canoni espressivi sviluppati dalla band nel corso di una carriera cominciata nel 1994 con il leggendario “Kiss The Goat” (preceduto in realtà da due altrettanto leggendarie registrazioni su tape, “Art Of Dying” e “Into The Frozen Shadows”), ed approdata, attraverso ulteriori evoluzioni stilistiche, al sound sviluppato sul masterpiece
“Unholy Crusade”, uno tra gli album più rappresentativi dello swedish black metal, a metà strada tra il misterioso feeling dei Dissection ed i gelidi connotati delineati da Setherial e primi Marduk. “Angelgrinder”, così come riferitomi anche dallo stesso Thomas Backelin (voce/chitarra e leader del gruppo), è un album che differisce enormemente dai precedenti episodi marchiati Lord Belial, per via anche di una genesi decisamente inusuale per i nostri; per la prima volta infatti la band ha dovuto fare a meno dell’apporto compositivo (anche se solo parziale) del chitarrista Pepa, dovendo così rivolgersi ad un nuovo chitarrista, Fredrik (ora aggiunto alla classica line up a due chitarre come terzo elemento), che ha apportato nel sound della band le nuove sfumature ed il tocco avvertibile nelle tracce di “Angelgrinder”. Al sound swedish death/black melodico dei Lord Belial che conoscevamo, sviluppato su partiture complesse e che assai spesso ricorrevano all’utilizzo di voci femminili e flauti, Thomas e soci contrappongono una raccolta di tracce molto più dirette e death metal-oriented, che fanno largo uso di possenti ritmiche di chitarra e per lo più incentrate sulle frequenze basse del classico suono delle sette corde, senza però perdere quel gusto melodico e tipicamente swedish che aveva caratterizzato l’operato dei nostri fin dagli albori; è così possibile ascoltare, seppur in brevi frangenti, quello stesso sound che aveva reso riconoscibile il trademark dei nostri a suo tempo, ed in particolare in episodi come “Unrelenting Scourge Of War”, in cui fa capolino anche il classico flauto, o nella riuscitissima re-release del classico “Satan Divine”, che nonostante perda quel fascino arcano dovuto alla precedente registrazione underground (leggasi pure lo-fi), riesce ancora a conservarne invariate la furia e l’inaudita violenza. “Angelgrinder”, oltre a segnare quindi il ritorno di una delle migliori (ed al tempo stesso sottovalutate) formazioni scandinave,è l’ennesima conferma di una tendenza, ormai ampliamente riscontrata in diverse realtà della scena black metal, che sta lentamente portando ad un assottigliamento/ livellamento verso territori death metal e l’utilizzo di un riffing chitarristico più tecnico e curato; i Lord Belial, nonostante abbiano sempre incorporato un’anima death e thrash metal nella loro essenza, con “Angelgrinder” rientrano esattamente in questo discorso, con l’unica e plausibile attenuante che la loro possa essere vista come una semplice estremizzazione/semplificazione di alcuni canoni precedentemente sviluppati e conseguentemente portati all’eccesso in questa release: ogni giudizio nei loro confronti resta comunque più che lusinghiero, così come non possono che rimanere inviolati un rinnovato rispetto ed una sempre sincera devozione. Consigliatissimo.