
8.0
- Band: LORD BELIAL
- Durata: 00:49:03
- Disponibile dal: 27/06/2025
- Etichetta:
- Hammerheart Records
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Nel 2022 “Rapture”, contro ogni previsione, aveva riportato in vita una delle band black metal più importanti della scena svedese e non solo, i Lord Belial, i quali dopo l’ottimo “The Black Curse”, per una serie di problemi, avevano detto basta, salvo poi tornare appunto in pista dopo quattordici anni con un album molto aggressivo ed estremamente coerente con il loro stile.
Oggi, con l’uscita del nuovo e decimo full-length intitolato “Unholy Trinity”, non solo la formazione guidata dai fratelli Backelin dimostra per l’ennesima volta di essere ancora attiva e di aver la voglia di continuare ad adorare le tenebre grazie alla loro musica sulfurea, ma lo fa anche in maniera egregia: come per “Rapture”, anche stavolta i nostri si sono avvalsi della collaborazione di Andy LaRoque nei suoi Sonic Train Studios, ed il risultato è persino migliore che in passato.
Forse l’unica cosa che non si adatta perfettamente al contenuto di “Unholy Trinity” è la cover dell’album, il cui disegno poteva essere decisamente più evocativo; ad ogni modo ciò che conta è il contenuto, ed i Nostri ovviamente badano decisamente al sodo in questa loro decima opera magna.
Si inizia subito bene, anzi benissimo, con quello che è uno dei migliori (se non il migliore) dei brani della release, ovvero “Ipse Venit”; sin dall’incipit, dunque, il messaggio che si vuole dare è chiarissimo: noi siamo i Lord Belial e questo è il nostro stile.
I punti stilistici di contatto con il passato più remoto ci sono tutti, ma attenzione a scambiare “Unholy Trinity” come un tentativo da parte della band di riportare in vita i lavori del passato – in particolar modo il capolavoro “Enter The Moonlight Gate” – perché non si darebbe la giusta dignità questo ottimo album, il quale ha mille sfaccettature, non è un clone di un qualcosa già fatto dalla band nel passato, ma riassume un po’ tutte le varie sfumature del nero animo del gruppo guidato dai fratelli Backelin.
Un plauso va alla produzione, capace di preservare l’anima del sound che la band ha avuto nel corso della carriera: i singoli strumenti sono ben distinguibili e la resa è limpida (più che sul precedente “Rapture”). Nonostante i suoni siano belli puliti, i brani mantengono una grande atmosfera nera ed è questo forse uno dei veri punti di forza della release.
A tutto questo va sommata un’ispirazione d’alto livello che pervade i cuori ottenebrati dei Lord Belial: il riffing dei primi due brani è davvero accattivante, non è originale ma è il classico riffing che ci si aspetta di sentire dai Backelin e da Pepa. Il tuffo all’indietro nel tempo si ha con “Serpent’s Feast”, demoniaca e misteriosa, un mix tra le atmosfere presenti su “Enter The Moonlight Gate” e su “Nocturnal Beast”.
La successiva “Blasphemy” ci riporta con i piedi a terra con la sua violenza elegante e diretta, mentre poi ci pensano brani come “In Chaos Transcend” e “Antichrist” a creare quella tesa aspettativa di un flagello che sta arrivando, l’Apocalisse con tutta la sua potenza dirompente e con il suo misterioso e vendicativo disegno divino.
La musica dei Nostri sarebbe davvero perfetta per rappresentare in musica il “Paradiso Perduto” di Milton o i canti dell’inferno dantesco. Ecco cosa nasconde di affascinante il nuovo “Unholy Trinity”: un dipinto sonoro in cui l’angelo caduto e le sue schiere sono i veri protagonisti.
E se questo combo in giro dai primi anni ‘90 è ancora oggi in grado di farci immaginare tutto questo, significa che stiamo parlando di un gruppo di tutto rispetto.