5.0
- Band: LORD DYING
- Durata: 00:39:47
- Disponibile dal: 26/01/2015
- Etichetta:
- Relapse Records
- Distributore: Audioglobe
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Il signore è morente. Il signore è agonizzante. La Relapse Records pure. I Lord Dying sono una band dell’Oregon, su cui l’etichetta americana punta molto. Forse per rinverdire il proprio roster, forse per ritornare ai fasti di un passato glorioso, forse per lanciare la prossima grande cosa. Insomma la Relapse punta molto su questa entità fangosa, vestita da redneck contadino del mid west americano. “Poisoned Altars” è il secondo lavoro dei Lord Dying in poco più di un anno e mezzo licenziato anche questa volta dall’etichetta della Pennsylvania ed il battage promozionale è alquanto stupefacente. Lo sforzo profuso però non equivale al valore squisitamente artistico e musicale dell’album. Un’opera noiosa, monocorde, senza nessun guizzo vincente proposto dal trio americano. Vorrebbero imitare i movimenti tellurici dei grandi High On Fire, oppure rinvigorire con trame più fangose e sporche le gesta dei Red Fang o Mastodon periodo “Leviathan”/“Blood Mountain”, ma il processo di scrittura, scialbo e povero di idee rende questo “Poisoned Altars” un’ accozzaglia di suoni confusi e soluzioni che sanno di vecchio. Un conto è suonare retrò con una certa personalità e marciume esistenziale (chi ha detto Rwake?), un conto è suonare tanto per farlo e cercare di copiare (male) altri messaggi sonici che centinaia di altre band fanno meglio( i Black Tusk, pur non essendo eccezionali riescono dove i Lord Dying falliscono). I riff sono banali, la voce non ha nulla che possa coinvolgere, tranne in qualche raro caso, ovvero quando Erik Olson usa delle clean vocals. La produzione di Joel Grind dei Toxic Holocaust non si addice alla proposta, troppo compatta, pulita ed asettica: è inutile suonare thrash metal ed accoppiarlo allo sludge ed a una sorta di stoner che non scalda il sangue ma fa gelare tanto è freddo, e testimonianza è la scolastica “(All Hopes of a New Day)…Extinguished”. Tutto questo porta una grande confusione all’ascoltatore. E noia. L’esordio, sempre su Relapse, era un disco salvabile, molto acerbo ma con margini di miglioramento. In “Poisoned Altars” non ci sono stati: questo dimostra che quando manca la qualità la proposta diventa davvero impersonale ed impalpabile. Se thrash-sludge sia, lo sia per tutto l’album. Mancando personalità e carattere si sopravvive nella mediocrità, si agonizza lentamente e poi si muore. La Relapse Records (e dispiace affermare questo) se non attua un processo di svecchiamento del proprio roster e continuerà a puntare su questi ectoplasmi sonori, verrà presto coinvolta, insieme a Lord Dying, in una lenta ed inevitabile estinzione.