6.5
- Band: LORD MORTVM
- Durata: 00:44:55
- Disponibile dal: 01/04/2022
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Aveva destato più di una curiosità il primo disperato vagito di Lord Mortvm, figura misteriosa a capo dell’omonima one-man band ubicata tra le lande norvegesi di Krakstad, nelle vicinanze di Oslo. Lo scorso anno, infatti, dalla stanza oscura del proprio covo, il ‘signore’ scandinavo aveva gettato in pasto agli astanti un grazioso lavoretto (“Diabolical Omen Of Hell”) dove doom, black e una notevole dose di acidità sonora si davano appuntamento tra uno scream e l’altro, accompagnati da sample ritagliati da b-movie di stampo horror ed esoterico e da alcune declamazioni professate direttamente da Anton La Vey (fondatore della Chiesa di Satana). Black Sabbath, Mayhem ed Electric Wizards: questi i tre pilastri a cui Lord Mortvm si era maggiormente ispirato nella composizione della sua opera diabolica, ottenendo un risultato positivo o quanto meno degno di interesse. Obbligo attendersi una replica di quanto manifestato poco più di dodici mesi fa, se non addirittura un ulteriore passo in avanti. E invece? Le aspettative della vigilia sono state solo in parte ripagate, lasciando un leggero amaro in bocca con l’aggiunta della preoccupante impressione sintetizzata in “è stato solo un fuoco di paglia?”.
Nel nuovo “Dead Christ Baptism”, pur permanendo l’andamento celebrativo tinteggiato di doom sabbathico, pur risplendendo di un tasso estremo di lo-fi acido e pungente e pure avendo nuovamente quegli elementi esterni composto da frammenti di interviste o sermoni proclamati dal satanista statunitense, manca effettivamente qualcosa. Per esempio? Nella sua lentezza d’animo, “Diabolical Omen Of Hell” era molto dinamico e vivace; vitalità mortifera che viene purtroppo a mancare in questa seconda fatica. Dopo la parte I della titletrack, scritta sul canovaccio della sola ed unica “Black Sabbath” e di una “Agony Trip”, dai rimandi tricolori made in Death SS (“The Night Of The Witch”), il disco inforca un’autostrada infinita, rigorosamente in prima corsia, senza alcuna curva a deviarne il percorso, senza alcun accesso di sorpasso. Quello che all’esordio era stata una delle variabili vincenti, nel presente full-length ne segna il passo, allentando di conseguenza la presa sull’ascoltatore. E pure la collaborazione, in sede di assoli chitarristici, con una nuova entità altrettanto enigmatica, tal The Real Goatfvcker, non porta la linfa necessaria a replicare quanto di buono era stato rilasciato in sede di debutto. A conti fatti, l’attesa del terzo e decisivo atto proveniente dal tugurio di Krakstad diventa obbligatoria, così da rivelare se quella prima fiamma possa trasformarsi in un vero incendio oppure si ripiegherà in una semplice sbuffata.