7.0
- Band: LORDI
- Durata: 01:04:19
- Disponibile dal: 16/09/2016
- Etichetta:
- AFM Records
- Distributore: Audioglobe
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Ad un paio d’anni di distanza dalla pubblicazione dell’ottimo, ma tutto sommato prevedibile, “Scare Force One”, i Lordi hanno saggiamente avvertito la necessità di prendersi qualche rischio in più, onde evitare di assumere i connotati di una triste autoparodia mestamente avviata verso una pericolosa crisi di mezza età. Il make up e gli elaborati costumi ingombranti rimangono tuttora una caratteristica inamovibile dal gruppo scandinavo ma, in questa occasione, Mr. Lordi e soci si sono avventurati in un’inconsueta opera suddivisa in due atti. Il primo lato comprende sei episodi tradizionalmente orientati verso un hard rock di facile presa, soluzione che delizierà il palato del pubblico più oltranzista. Veniamo dunque travolti dalle frizzanti note sparate a mille dall’irresistibile anthem “Let’s Go Slaughter He-Man (I Wanna Be The Beast-Man In The Masters Of The Universe)”, mentre l’orrorifica “Down With The Devil” si palesa come l’ ennesimo tributo, indubbiamente ben concepito, offerto ai tanto idolatrati Kiss. Scoviamo altresì una marcata crepa compositiva all’altezza della singhiozzante “Hug You Hardcore”, furbo ‘footstompin’ pseudo industrial, che ricicla in maniera maldestra le brillanti idee plasmate da Alice Cooper all’epoca dell’innovativo “Brutal Planet”. Le inusuali sincopi ‘zeppeliniane’ musicate nella muscolare “Mary Is Dead” preludono al cambio di rotta intrapreso di lì a poco. La seconda facciata viene invece rappresentata da un semi-concept album caratterizzato da marcate tinte progressive, sovente esaltate da un’intricata architettura sonora meritevole lasciare a bocca aperta in più di un’occasione. La superba poliedricità di “Demonarchy” colpisce duro come un violento cazzotto in faccia, scaturito da un riffing circolare che rimanda addirittura agli statunitensi Nevermore. Gli schizoidi umori geometrici inchiostrati su “Heaven Sent Hell On Earth” e i tenebrosi paesaggi sonori presi in prestito da King Diamond su “And The Zombie Says” confluiscono entrambi in ritornelli di rara efficacia. Anche in questo lato del disco emergono inesorabilmente un paio di cadute di tono, rappresentate dalla fiacca sing-along “The Unholy Gathering” e dal cupo epitaffio cartoonesco affidato alla ridondante “The Night The Monsters Died”. In estrema sintesi “Monstereophonic (Theaterror Vs. Demonarchy)” è un buon disco di transizione, valorizzato da una manciata di intuizioni felici, meritevoli di accurato approfondimento nel prossimo futuro. Chi osa vince.