7.0
- Band: LOUDNESS
- Durata: 00:53:17
- Disponibile dal: 26/01/2018
- Etichetta:
- earMusic
- Distributore: Edel
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Una corsa verso la gloria per celebrare al meglio una carriera lunga trentasette anni. Un traguardo che i nipponici Loudness festeggiano con il qui presente “Rise To Glory”, fatica numero ventotto realizzata dal gruppo guidato da Akira Takasaki. Un lavoro che ci conferma, oltre ad uno stato di forma mentis del tutto invidiabile, come la band asiatica mantenga inalterato il ruolo di emblema orientale dell’heavy metal più classico e genuino iniziato nel lontano 1981, costellato da vere hit come “Thunder In The East” del 1985, e proseguito sino ai giorni nostri, pur con qualche parentesi sperimentale di genere (e di line-up, avvenuta a metà anni Novanta). Eccoli qui allora, con tre quarti della formazione originale ancora all’opera, dopo la reunion di inizio millennio, a sfoderare tredici episodi (tra cui due strumentali) in cui lo spirito libero del hard rock, misto alla rocciosità della NWOBHM, si respira a pieni polmoni, arricchito da un buon tasso di modernità, a dimostrazione di come l’esperienza di band navigata, e datata, come appunto quella dei Loudness, riesca comunque a stare al passo con tempi. Un album dalla doppia valenza: pezzi che si rifanno maggiormente alle sonorità più recenti si alternano a tracce dedicate ad una sorta di revival di metal ottantiano in cui i riff che hanno fatto la storia del genere si ergono a protagonisti assoluti dei vari brani. Ma veniamo a noi. Dopo un assestamento generale, l’intro “8118”, il nuovo “Rise To Glory” prende il via con la grintosa “Soul On Fire” in cui una strofa bella ritmata lancia il sasso verso un refrain a dir poco corale; la classica hit da cantare a squarciagola mentre l’auto viaggia verso l’ignoto. Decisamente più tellurica, quasi thrash se non fosse per la voce ‘pulita’ di Minoru Nihara, la successiva “I’m Still Alive” nella quale la band nipponica dimostra di non aver perso il piglio della velocità e in generale di una tecnica sopraffina. Un pezzo coriaceo che stranamene svanisce dopo solo tre minuti lasciando leggermente stranito l’ascoltatore, ormai entrato a pieno regime nella fitta trama del brano stesso. Di ‘saxoniana’ memoria il riff che va a sostenere l’intero impianto di “Go For Broke”; struttura che viene prima alleggerita da una melodia più soft salvo ripartire con maggior vigorosità in sede di ritornello. I Loudness cercano di sfoggiare tutte le frecce contenute nel proprio arco e con “Until I See The Light” e “The Voice” vanno ad abbracciare sonorità più ricercate, quasi prog, nel primo caso, spaziando quindi in ambienti più vicini al pop-rock. Ma il tempo di appoggiare la testa sul cuscino termina non appena prendono avvio le note di “Massive Tornado”, sicuramente il pezzo più tirato ed estremo dell’intero full-length: ben calibrato e nello stesso tempo ruffiano porta con sè una seconda parte in cui la sei corde di Akira Takasaki si prende il proscenio, sciorinando più di un assolo al fulmicotone. L’instrumental-prog “Kama Sutra” sembra voler prendere l’ascoltatore e riportarlo indietro nel tempo, proprio in concomitanza della titletrack: la tipica heavy metal song in cui passato e presente si mescolano alla perfezione creando un impatto sonoro davvero piacevole. Ancor più possente, ed orecchiabile, risulta “Why And For Whom” prima che una più debole “No Limits” lasci il posto a “Rain”, altro esempio di metal targato anni ’80, dove rocciosità e melodia si prendono a braccetto per oltre sei minuti riuscendo, in parte, a richiamare le atmosfere di quegli anni. A chiudere questo ventottesimo sigillo targato Loudness ci pensa quello che per loro, e per noi, è uno dei più semplici inviti, senza tanti fronzoli: “Let’s All Rock”, perchè alla fine, seppur con tutti gli arzigogoli del mondo, è di questo che stiamo parlando. Di quello stesso rock che ha permesso i Loudness di varcare i confini del lontano Giappone, raggiungere l’occidente e girarlo in lungo e in largo per quasi quarant’anni. Questo è “Rise To Glory”, la cui edizione, in veste europea, è accompagnata da “Samsara Flight”, una collezione di tredici brani incisi dalla band nei primi anni ottanta, tra cui “Loudness”, “Street Woman”, “To Be Demon” e “In The Mirror”, registrati nuovamente per l’occasione. Un motivo in più per conoscere o riscoprire un gruppo che ha contribuito e non poco a fare la storia del metal nella terra del Sol Levante.