8.0
- Band: LUNAR CHAMBER
- Durata: 00:28:52
- Disponibile dal: 28/04/2023
- Etichetta:
- 20 Buck Spin
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Nel tormento del proprio io, si cela un imponente edificio progettato per mutare stati d’animo ed emozioni: il tempio sacro della musica. Un tempio in grado di cambiare forma, di adattarsi al tempo e collocarsi in ogni spazio, mantenendo intatta la magia che pulsa all’interno delle sue infinite stanze. È tempo quindi di entrare, di scendere le scale, di chiudere le finestre del giorno, aprire la porta della notte ed addentrarsi nell’universo psichedelico dei Lunar Chamber.
Formatosi nel 2018, il trio statunitense atterra con fragore sul pianeta death più variopinto a bordo della 20 Buck Spin enterprise, un’astronave di un certo spessore che da quasi vent’anni trasporta i migliori interpreti della musica estrema in tutta la galassia underground. Il viaggio intrapreso dai Nostri si chiama “Shambhallic Vibrations”: in poco meno di mezz’ora le sonorità contenute nel primo EP della band subiscono una serie di mutazioni stilistiche in grado di alterare la percezione della musica contenuta al suo interno.
L’intento dei Lunar Chamber è quello di scavare nell’inconscio cercando di provocare eccitanti vibrazioni attraverso sonorità che richiamano la spiritualità dell’oriente, rievocando temi legati ad esoterismo e buddismo. La dinamica di ogni singola traccia è illuminata da una serie di stratificazioni sonore sorprendenti, valorizzate da una tecnica al di sopra delle righe sia in ambito compositivo che attitudinale. Il death metal suonato dai Lunar Chamber è brillante, virtuoso, ricco di sfaccettature sonore nel quale trovano posto elementi melodici che rendono l’ascolto interessante e più abbordabile; si tratta di un technical death metal che, come fosse un complicato puzzle, fa coincidere le abilità degli Artificial Brain alle visioni ascetiche dei Blood Incantation, la follia compositiva degli Afterbirth ai suoni asfissianti dei Bell Witch. Ascoltare “Shambhallic Vibrations” è un’esperienza esilarante, il suono degli strumenti risulta chiaro e definito: nel caos architettato dall’intreccio delle chitarre, da un drumming formidabile e da un growl pesante, si distingue perfettamente il lavoro del basso che zampilla furente nel bel mezzo di questo pandemonio sonoro.
Escludendo l’intro e la terza traccia “Interlude (Ancient Sage)”, l’album si regge su tre brani portanti che costituiscono la parte più corposa della durata del platter. Sia “Spirit Body and the Seeing Self” che “The Bodhi Tree” dilatano la loro furia in poco meno di sette minuti ciascuna, nei quali succede l’imprevedibile: il tempo disegna una spirale astratta dove scorre una serie infinita di note arroventate che si disperdono grazie alla pioggia fredda dei riff melodiosi. Gli assoli di chitarra smorzano le ritmiche avvincenti che spesso prendono il sopravvento in questo turbine inarrestabile, alienato dalle note di “III. Crystalline Blessed Light Flows… From Violet Mountains Into Lunar Chambers”. I tredici minuti del brano finale sono certamente la migliore espressione artistica offerta dalla band che, per l’occasione, indossa un vero e proprio abito camaleontico capace di ipnotizzare l’ascoltatore. In un clima di funeral doom, l’atmosfera si fa pesante ed un odore sulfureo si amalgama ad una spessa nebbia. La ritmica pachidermica è guidata da voci corali che ci riportano addirittura nel cupo castello degli Opeth, quando improvvisamente si accende la miccia. Un’esplosione di blast beat deflagra illuminando il limbo oscuro per poi attenuarsi come il sorriso di un clown alla fine dello spettacolo. Uno show che termina con l’uscita dei protagonisti che si inchinano mettendo in mostra tutta la poesia dei loro strumenti a favore di un corale tripudio di applausi.
Arroccato sulla cresta di una montagna, il tempio che nasconde la dimora dei “Lunar Chamber” sovrasta il profondo solco dove scorre imperiosa la musica di “Shambhallic Vibrations” il cui unico difetto è quello di durare troppo poco. Qui il pellegrinaggio è doveroso.