7.0
- Band: LUNAR MANTRA
- Durata: 00:36:23
- Disponibile dal: 30/10/2015
- Etichetta:
- Invictus Productions
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Immaginando per un momento di premere Play senza conoscere nulla del disco di cui andiamo a parlare, non l’artwork, non il nome del gruppo o il genere, pure ci troveremmo ad immaginare dopo pochi secondi cosa stiamo per ascoltare: l’esordio degli scozzesi Lunar Mantra appare sin da subito un prodotto con le idee chiare che si materializzano in un black metal senza fronzoli e di componente principalmente esoterica, come ci viene chiaramente esplicitato nell’intro ambient-dark, anche se sarebbe meglio dire che “Ingress, Thy Web Hast Spun” è qualcosa che chiameremmo semplicemente intro se stessimo disquisendo di un gruppo normale, ma qui la parola che ci viene più semplice da usare è invece ‘rito’. Dark e ambient dicevamo, e dicevamo il vero: il disegno prospettato è inquietante e fa risuonare campane così come sensazioni ataviche sotto pelle, di agreste paganesimo semplice e più malvagio proprio perché alla portata di tutti sono luoghi abbandonati, fuochi e forche all’occorrenza. Quel qualcosa che ci fa rizzare i peli sulle braccia e che in qualche strano modo ci sembra di conoscere da sempre, pur non avendoci mai messo le mani sopra. Sembra un prodotto di altri tempi questo “Genesis”, certamente per quanto riguarda l’aspetto musicale e soprattutto diremmo per la sua connotazione filosofica. Un black metal pregno di Male, spirituale e ritualistico, nel quale i ragazzi sembrano credere davvero tanto, e se per l’appunto la parte prettamente musicale ci presenta riff di vecchia scuola del proprio genere con un gioco piuttosto classico nello stilema velocità-rallentamento, le tre tracce vere e proprie, tutte sugli otto minuti (eccezion fatta quindi per la già menzionata introduzione) brillano egregiamente di luce propria, sorrette da un vocalismo gutturale e cavernoso, monocorde quanto occorre per permeare l’album di un’inusitata ferocia funzionante proprio perché genuina (benché, a voler chiedere troppo, qualche guizzo in più non avrebbe fatto male). Un plauso alle chitarre che, pur seguendo dettagliatamente le direttive classiche, regalano fugaci riverberi che riempiono i brani e ci scuotono nella fruizione di un sabba teso e intenso dal quale non vorremmo staccarci ma del quale bramiamo comunque la conclusione a mo’ d’apoteosi. La produzione è tipicamente scarna e sarebbe stato un peccato se fosse stato diversamente per quanto concerne l’aspetto atmosferico, pur risultando apprezzabile (e inaspettata) la possibilità di distinguere tutte le parti in ballo nell’esecuzione. Nella riedizione della Invictus, che ha pubblicato l’EP in seconda battuta dopo la prima auto-pubblicazione ad opera del combo stesso, vi è una quinta traccia, ascoltabile anche sulla pagina Bandcamp dell’etichetta, e si tratta fondamentalmente di un lungo momento ambient dello stesso stampo del brano d’apertura (sebbene lungo il doppio e di fattura ancora più messianica, altrettanto funzionale nel dipingere i desolanti paesaggi sin qui visitati), che però messo alla fine del lavoro verrà probabilmente smorzato nell’intenzione nel giro di ripetuti ascolti. I Lunar Mantra entrano di diritto nel regime dei nomi da annotare per le prossime uscite e da inserire nella vostra discografia se siete irriducibili del black metal o semplicemente in cerca di un pugno di canzoni aspre e maligne, e fin qui “Genesis” risulta un biglietto da visita più che efficiente.