6.5
- Band: MACHINE HEAD
- Durata: 01:15:02
- Disponibile dal: 26/01/2018
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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A quasi un ventennio da “The Burning Red” tutti coloro che non hanno mai perdonato la svolta nu metal dei Machine Head sono esplosi in un fragoroso boato liberatorio: le premesse c’erano tutte in quella “Is Anybody Out There” decisamente troppo lineare e melodica, le dichiarazioni di Flynn hanno rincarato la dose e arrivati poi ai primi estratti è deflagrato inarrestabile tutto l’astio nei confronti di un personaggio che pareva avesse voluto riconquistare, con fatica e notevole dispendio, i favori del pubblico strettamente metal. Certo, la credibilità è un fattore fondamentale nel genere trattato in queste pagine, ma recensire un disco facendo processo alle intenzioni è fondamentalmente errato (tanto quanto equiparare un intero genere allo sterco), di conseguenza chi scrive proverà a valutare “Catharsis” per quello che, dichiaratamente, è un disco di semplificazione di idee e riff, concepito in modo che un pubblico più ampio possibile possa identificarsi in esso, con la premessa che Flynn possiede tutto il diritto, come leader e unico membro fondatore dei Machine Head, di perseguire tale (redditizia) strada già percorsa in passato. Non si tratta comunque di una sterile riproposizione della formula “TBR”/”Supercharger”: la lunghezza dei pezzi è mediamente più lunga e sebbene la struttura sia snellita emergono costantemente svariati elementi del passato recente, che siano brevi orchestrazioni, inserti di tastiere, twin guitars o assoli brevi ma articolati. Pur essendo fondato su groove e riff diretti, “Catharsis” non è nemmeno definibile come disco nu-metal/rap-rock, e di fatto solo su “Triple Beam” e “Psychosis” c’è un rappato, ma è più vicino allo storytelling esasperato dei King 810 che a qualsiasi clone di Fred Durst. Sebbene non manchi la melodia, il flusso di energia è costante e coinvolgente, che si tratti di anthem in puro stile Machine Head (“Volatile” o la title track), di episodi più destrutturati dove si vuol calcare i piedi sull’acceleratore (“California Bleeding”, “Razorblade Smile”) o di momenti dedicati al groove (“Screaming At The Sun”). Suona strano sentirli di nuovo spogli e diretti, soprattutto ora che sono intorno ai cinquanta, ma questi Machine Head riescono comunque a catturare l’ascoltatore puntando alla mandibola con sudore, grandi ritornelli ed istinti primordiali, anche con soluzioni sopra le righe come la criticatissima “Bastards”, a dimostrazione che quella lingua lunga di Flynn sa ancora il fatto suo. Il problema di “Catharsis” è che dopo una decina di pezzi prosegue davvero troppo a lungo e va fuori tema con pezzi totalmente fuori contesto (“Heavy Lies The Crown”), che zoppicano (“Grind You Down”), ripetitivi (“Hope Begets Hope”) o del tutto trascurabili (“Behind A Mask” o il terribile finale di “Eulogy”) rendendo faticoso l’ascolto d’un fiato e andando contro ai propri stessi intenti. In una parola, “Catharsis” è incoerente, non tanto verso il percorso della band, visto che va a recuperare ed espandere discorsi intrapresi in passato con un gusto attuale e con l’esperienza di anni di carriera, ma verso se stesso e quello che voleva essere. Che bizzarra crisi di mezza età…