7.5
- Band: MACHINE HEAD
- Durata: 01.50.30
- Disponibile dal: 13/11/2012
- Etichetta:
- Roadrunner Records
- Distributore: Warner Bros
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Ci erano passati con “Hellalive”: i Machine Head, dopo il folgorante debutto “Burn My Eyes” (1994) e l’esaltante conferma “The More Things Change…” (1997) tentarono di entrare nel filone d’oro del nu metal con due uscite perlopiù infelici (“The Burning Red” e “Supercharger”, 1999 e 2001), che distrussero la credibilità della formazione di Oakland davanti a pubblico e discografici. Ecco dunque arrivare “Hellalive” (2003), pubblicato esclusivamente per terminare gli obblighi contrattuali con Roadrunner Records, che smise di promuoverli 2 anni prima: il live è documento della validità della formazione, ma è pesantemente inflazionato da composizioni indegne di rappresentare un gruppo che pagherà col proprio sangue una svolta per molti imperdonabile. Chi ha visionato l’home video “Elegies” ha presente l’inferno che i Machine Head hanno dovuto attraversare per lungo tempo, in una formazione a tre alla disperata ricerca di fiducia da parte dei discografici, abbandonata anche da quel pessimo acquisto di Arhue Luster. La rinascita artistica è arrivata col contributo dell’ex Vio-lence Phil Demmel: i risorti Machine Head sono anche più strettamente metal dei precedenti, grazie a incursioni nel lato più classico del genere accennate in “Through The Ashes…” (2003) e sviluppate ampiamente nel capolavoro “The Blackening” (2007), dove composizioni lunghe e strutturate, con largo spazio alla tecnica individuale, hanno ridefinito l’essenza del gruppo. Il recente “Unto The Locust” (2011) è la summa dei due precedenti: un lavoro epico e vincente che abbatte i limiti del thrash per cavalcate classicheggianti, riff armonizzati e influenze epiche, da perfetti paladini dell’Heavy Metal. Rieccoci dunque davanti a un live, sempre per esaurire gli obblighi contrattuali con Roadrunner, la stessa etichetta che un tempo gli diede un calcio nel sedere, la stessa che li riprese nel roster con scetticismo (“TTAOTE” fu pubblicato negli Stati Uniti solo mesi dopo la sua pubblicazione europea). Nel 2012 però sono i Machine Head ad avere il coltello dalla parte del manico, forti del consenso di pubblico e critica, free lance ambiti nel mezzo di un lungo e applaudito ciclo di tour in supporto ad un grande album. Intitolata semplicemente “Machine Fucking Head Live”, l’opera è una fedele fotografia dell’essenza attuale del gruppo, e ne rappresenta i momenti storici degni di essere ricordati: un doppio album imponente nella durata di quasi due ore, composto da pezzi da 5 a 9 minuti e catturato in diverse parti del globo, testimonianza dell’amore universale dei fan. Andrebbe ascoltata a volume quasi doloroso, come quello con cui la band ama scuotere il suo pubblico. La registrazione, grazie alle nuove tecnologie digitali, è pressochè perfetta, tanto da far dubitare di pesanti ritocchi in studio. Chi ha visto i Machine Head in tour però conosce la perizia tecnica dei componenti, e può facilmente credere alla fedeltà di questi documenti audio. Non c’è dubbio riguardo la veridicità delle prove vocali: Flynn e Duce non riescono a riprodurre alla perfezione le parti melodiche di “UTL” e “TB”, steccano palesemente in più punti e abbassano la voce in altrettanti, ma restano lontani dai risultati imbarazzanti di alcuni colleghi (chi ha ascoltato il live dei Mastodon?). Ciò che è più importante però è che “Machine Fucking Head Live” riesce nel difficile compito di catturare il feroce e contagioso entusiasmo di una formazione che è grata di salire sul palco tutte le sere. Un peccato che la pubblicazione non sia accompagnata dalla controparte video: oltre a notare le novità della produzione on stage, avremmo potuto verificare se la ripetizione del coro che dà titolo al disco sia stata davvero così dannatamente incessante!