7.0
- Band: MACHINE HEAD
- Durata: 00:59:31
- Disponibile dal: 26/08/2022
- Etichetta:
- Nuclear Blast
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“Oops, I did it again!”. Come da perfetto ricorso storico, Robb Flynn c’è ricascato e, quasi vent’anni dopo “The Burning Red” e “Supercharger”, ecco che è arrivato “Catharsis” (2018) a fare incazzare tutti coloro che non sopportano le sonorità nu-metal, facendo ancora una volta piazza pulita della line-up che lo ha sostenuto nel periodo di ‘ricostruzione’ e riappacificazione con la frangia più intollerante della sua fan base. Come ricorderete, il bassista storico Adam Duce ha mollato nel lontano 2013, dopo “Catharsis” invece sono stati Phil Demmel e Dave McClain ad abbandonare la nave, sostituiti da Wacław Kiełtyka (Decapitated) e Matt Alston (Sactorum). Grazie al reunion tour con la formazione di “Burn My Eyes”, Flynn ha parato abbondantemente il colpo e, ripetendo il percorso di anni e anni fa, come credete abbia risolto se non gettandosi di nuovo verso una formula più estrema, progressiva e propriamente ‘metal’?
Dopo uscite dimenticabili ‘streaming-only’ e riempitivi ‘live in studio’, ecco dunque arrivare, già nel novembre 2020, il singolo “My Hands Are Empty”, seguito a mo’ di salvagente dal successivo “Arrows in Words from the Sky” nel giugno 2021, contenente anche i brani “Rotten” e “Become The Firestorm”. Nella fase pandemica, aiutato dal fidatissimo tirapiedi MacEachern al basso, Robb Flynn si è ristabilito in una posizione di totale leadership compositiva andando ad aggiustare progressivamente il tiro verso brani più veloci, lunghi e strutturati, recuperando da “My Hands…” in poi quel groove/thrash che tutti si aspettano dalle uscite targate MH, insieme ad un interessante e marcato utilizzo delle melodie vocali. Chiarito che questi ultimi sarebbero stati parte del nuovo album “Of Kingdom And Crown” (il titolo è un altro indizio che punta ad una direzione nuovamente ‘true’), ad aprile 2022 arriva l’ottima cavalcata “Choke on the Ashes of Your Hate”, spietata, veloce, aggressiva e introdotta da un signor riff, come nei migliori trademark di Flynn e come molti ascoltatori attendevano da tempo. Sfortunatamente, la successiva “Unhallowed” non convince del tutto, ricalcando nelle linee vocali pulite ed acute le estetiche di Soilwork e Trivium in un midtempo prolisso che cerca disperatamente un finale epico.
Non rimane poi moltissimo da ascoltare dopo ben sei (!) anticipazioni su dieci brani totali (ebbene “Overdose”, “Assimilate” e “Terminus” sono solo interludi) di questo concept ispirato idealmente all’anime “L’Attacco Dei Giganti”. Per fortuna, troviamo il pezzo più sostanzioso del disco, quella “Slaughter The Martyr” che ripercorre la strada delle maestose “Clenching the Fists of Dissent” ed “Imperium” in dieci minuti di fuoco per un brano che è senza dubbio da mettere sul gradino più alto del podio per realizzazione ed ispirazione incontrastate. Bisogna saltare nel lato B per il midtempo interlocutorio “Kill Thy Enemies”, una melodica “No Gods No Masters” che tenta il grande sing-along ed infine “Bloodshot”, pezzo tirato e dalle influenze hardcore che forse non regge il confronto col passato, ma ha il pregio di portare la violenza nuovamente protagonista.
Totalmente a fuoco il debutto di Wacław ‘Vogg’ Kiełtyka come solista alla chitarra, impressionante il session Navene Koperweiss – per qualche motivo a registrare è stato chiamato l’ex Animals As Leaders al posto di Alston, che compare comunque come membro ufficiale nella line-up attuale – alla batteria, entrambi immedesimati completamente nella parte e al servizio del Machine Head sound.
Approcciandoci all’intera tracklist siamo di fronte ad un ascolto nuovamente ricco, con costruzioni che tornano ad essere articolate e con minutaggi importanti, restando in generale abbastanza accessibili anche al primo ascolto grazie alla ricerca della melodia che caratterizza quasi tutte le canzoni. La penna di Flynn è inconfondibile e trova dei bei momenti nel corso dello svolgimento evitando episodi troppo facilotti ed ogni riferimento al nu-metal, tuttavia, come già si è ascoltato, ci sono tracce più esili, deboli e meno ispirate che rendono l’esperienza complessiva poco costante, lontana dall’esilarante pienezza di capolavori come “The Blackening” o, per citare dischi affini, capitoli eccellenti in tutto e per tutto come “Through The Ashes…” o “Unto The Locust”.
Probabilmente ‘Il Generale’ deve ancora rimettere in piedi una squadra come si deve, lasciando più spazio agli abili gregari in fase di scrittura, oppure è necessario semplicemente trovare maggiore ispirazione e libertà compositiva evitando la strada dei concept, che in qualche modo obbligano ad episodi calcolati e passaggi forzati. “Of Kingdom And Crown” resta comunque un album soddisfacente e massiccio, nelle coordinate che meglio riescono ai Machine Head post Logan Mader. Una progressione rispetto al precedente passo falso e una mano di riconciliazione per chi non ha mai sopportato certi tratti della sfaccettata personalità artistica del leader supremo.