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- Band: MACHINE HEAD
- Durata:
- Disponibile dal: //2001
I Machine Head sono tornati, dopo il grande successo di pubblico e di cronaca riscontrato con The Burning Red, Robert (non più Robb) Flynn e soci, dismessi i panni della rap metal band si ripresentano sul mercato internazionale con un nuovo lavoro, massiccio e violento, decisamente molto più heavy oriented del suo fortunatissimo predecessore, un piccolo passo indietro verso il passato, che denota senz’altro una maggiore consapevolezza delle proprie potenzialità e una ormai consolidata maturità tecnico-compositiva. Chi si aspettava una certa continuità nel songwriting, soprattutto per quanto riguarda le linee vocali di chiara matrice hip hop, resterà probabilmente deluso, probabilmente lo stesso Flynn si è reso conto di essere molto più efficace e convincente come metal singer che come rapper, anche se la vena melodica maturata nel corso del tempo è stata del tutto riconfermata. Supercharger è probabilmente il punto di incontro ideale tra la potenza e la rabbia di Burn My Eyes e le sonorità moderne di The Burning Red. Stessa formazione ma nuova produzione, dopo l’ormai arci-noto litigio e lo split con il re del numetal recording Ross Robinson i Machine Head si sono affidati alla produzione di Johnny K. e al talento di Colin Richardson per il mixaggio e bisogna ammettere che il livello complesivo del prodotto finale non ha assolutamente nulla da invidiare al suo predecessore. Dopo la consueta intro si viene subito travolti da uan song il cui titolo fa immediatamente capire le intenzioni bellicose della band: “Bulldozer”, seguita dalla bellissima “White-Knuckle Blackout!”, in “All In Your Head”, con un chorus da cantare a squarciagola sotto la doccia, emergono alcune reminiscenze hip hop di The Burning Red, mentre la traccia numero otto, “American High”, mostra un lato nuovo, molto ironico e del tutto inedito della band, ma se non gradite le sperimentazioni vocali di Mr Flynn potete tranquillamente proseguire oltre e giungere alla notevole “Nausea” che riporta alla memoria una delle band storiche del crossover di tutti i tempi, i compianti Snot. Quattordici tracce per la versione “standard”, diciotto nella “limited edition”, presentata nel classico digipack, con quattro bonus tracks: una brillante e personalissima cover dei Black Sabbath, “Hole In The Sky”, già presente sul secondo capitolo del tributo alla storica band di Ozzy e Tony Iommi, intitolato Nativity In Black 2, “Ten Fold”, una song inedita e due live tracks: “Desire To Fire” e “The Blood, The Sweat, The Tears”, precedentemente apparse nell’edizione europea del live “Year Of The Dragon” registrato il 15 settembre del 1999 al Webster Hall di Hartford negli States. Supercharger è un disco efficace, nello stile inconfondibile della band americana, ma con spunti moderni e interessanti, sicuramente un must per i fans della band e gli amanti del nu metal aggressivo e melodico, per tutti gli altri un buon disco, ma non essenziale.