9.0
- Band: MAGELLAN
- Durata:
- Disponibile dal: 11/11/2003
- Etichetta:
- Inside Out
- Distributore: Audioglobe
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L’impegno profuso ultimamente dai fratelli Gardner nella casa discografica Magna Charta e il lavoro di produttore di Trent (svolto operando scelte sempre oculate, dai tributi prog fino al progetto Mullmuzzler) aveva suscitato seri dubbi sul prosieguo discografico dei Magellan. Ma inaspettatamente, ad un solo anno di distanza dal monumentale concept “Hundred Year Flood” (dedicato ad un loro fratello, perito durante il conflitto americano in Vietnam), la band torna sulle scene con il quinto capitolo della propria discografia, ed approda anch’essa alla scuderia Inside Out, che ormai sta raccogliendo intorno a sé i migliori esponenti del new progressive mondiale. Criticati a più riprese per il loro status di studio band (qualcuno forse ricorderà le polemiche emerse all’epoca del debut “Hour Of Restoration” del 1990 per via dell’uso di una batteria programmata nei vari brani), sfornano con disarmante semplicità l’ennesimo capolavoro. La formula compositiva di “Impossible Figures”, è un caleidoscopio di stili perfettamente integrati, un eccitante mix di chitarre hard, ritmiche possenti e tastiere di matrice pomp. I riferimenti classici abbondano anche stavolta , come dimostra l’eccellente “Bach 16”, siparietto classico che vede ospite Stephen Imbler (non è l’unico guest musician del lavoro, se consideriamo la presenza del batterista Jason Gianni). Il resto degli strumenti è suonato dai fratelli Gardner, basso compreso, forse lo strumento che maggiormente impressiona per perizia esecutiva e scelta delle note. Abbondano i riferimenti genesiani, ed infatti “Impossible Figures” potrebbe essere paragonato ad una versione irrobustita dei Genesis di Peter Gabriel, con il dinamismo ritmico dei Rush, ma senza le ampollosità strutturali di un certo metal sinfonico. I brani hanno una durata media elevata, ma ciò non va a scapito della fruibilità del prodotto, in quanto ogni 4/5 battute è facile incappare in un passaggio inedito, oppure in un’emozionante apertura melodica, fra accelerazioni e ripartenze. “A World Groove” e “Killer Of Hope”, da questo punto di vista, sono un esempio concreto di eccitante new progressive suonato con trasporto, vitale ed elegante. Da manuale – ma non è una novità – la prova di Trent dietro il microfono. Una gradita riconferma per una formazione entrata di diritto fra gli intoccabili del prog contemporaneo.