7.5
- Band: MAGNUM
- Durata: 00:51:50
- Disponibile dal: 12/01/2024
- Etichetta:
- Steamhammer Records
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Sono diverse le formazioni storiche ancora in attività che stanno raggiungendo l’invidiabile traguardo dei cinquant’anni di carriera, ma i rispettivi percorsi sono spesso molto diversi per costanza e qualità. Alcune band hanno cambiato pelle più volte per cercare di restare a galla in un panorama in continua evoluzione, altre hanno avuto dei momenti di calo importanti, ma ci sono alcune rare eccezioni, come i Magnum di Bob Catley e Tony Clarkin, che semplicemente hanno tirato dritto per la loro strada, creando il proprio marchio di fabbrica e, cosa tutt’altro che scontata, mantenendo una qualità media delle proprie pubblicazioni ben al di sopra della media.
“Here Comes The Rain” è il loro ventitreesimo album, ma il tempo sembra essersi fermato in una sorta di eterno e fiabesco crespuscolo, in cui le rughe dell’esperienza sono sì visibili, ma senza mai cedere il passo al tramonto. Tony Clarkin, il loro storico chitarrista e compositore, sembra aver trovato una formula perfetta, capace di rendere i brani dei Magnum sempre riconoscibili, con quel tocco vintage che li rende senza tempo. Allo stesso modo, anche la voce di Bob Catley continua a stupire nel suo essere ancora morbida e vellutata, nonostante le settantasei primavere alle sue spalle. A completare il tutto, un manipolo di veterani: Rick Benton alle tastiere, l’ex-Paradise Lost Lee Morris alla batteria e un’altra vecchia volpe del rock come Dennis Ward al basso.
Il nuovo album dei Magnum, dunque, vede gli inglesi ancora in piena forma a sfornare una decina di canzoni di alto livello, eleganti e curate, sempre a cavallo tra l’AOR di classe, l’hard rock energico e quella vena sognante e fiabesca che da sempre la band porta avanti con fierezza, a partire dalle copertine.
L’album si apre magnificamente con “Run Into The Shadows”, uno dei brani migliori del lotto, in cui la vena compositiva di Clarkin e la voce di Catley si fondono in un equilibrio perfetto. “Here Comes The Rain” e “Some Kind Of Treachery” enfatizzano il lato maestoso e orchestrale della band, con le tastiere di Benton ad abbellire le linee melodiche scritte dal chitarrista, mentre tocca al primo singolo presentato, “Blue Tango”, il compito di riportare le atmosfere in territori più frizzanti, con quel pianoforte martellante che ci riporta direttamente a quella “Rock ‘n’ Roll” del quarto album degli Zeppelin. Senza proseguire traccia per traccia, non possiamo passare oltre senza citare “The Seventh Darkness”, un pezzo arioso, dalle atmosfere anni Ottanta, che sfodera un efficacissimo uso dei fiati che culmina in un entusiasmante dialogo tra il sassofono e la chitarra di Clarkin. Siamo ormai verso la fine dell’album quando ci imbattiamo in “Broken City”, un brano mesto e malinconico che riflette sulla guerra, accompagnato solo da un tappeto di tastiere, la voce di Catley ed il suono celestiale di un’arpa a fare da contrasto alle macerie della follia umana. Non è però triste la chiusura dell’album, che, dopo un energico inno AOR intitolato “I Wanna Live”, piazza un altro piccolo gioiello in chiusura: “Borderline” è un brano epico e cadenzato, che, attraverso una struttura tutto sommato semplice e lineare, riesce a comunicare tutta la bravura di questa intramontabile formazione.
“Here Comes The Rain”, in definitiva, potrà forse non essere all’altezza dei capolavori di gioventù dei Magnum, ma rappresenta oggi un invidiabile esempio di coerenza, costanza e raffinatezza. Abbiamo letto tutti con una certa apprensione il comunicato rilasciato da Clarkin sulla sua salute e ci auguriamo di cuore che la sua condizione non gli impedisca di continuare a fare ciò che ama. Un in bocca al lupo a Tony, dunque, e speriamo di poter ascoltare presto un altro lavoro del livello di “Here Comes The Rain”.