8.0
- Band: MAGO DE OZ
- Durata: 01:49:01
- Disponibile dal: 14/11/2005
- Etichetta:
- Locomotive Music
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Arrivare, dopo tanti buoni lavori, ad un’opera elevatissima nel panorama folk metal. Questo è quello che succede nel 2005 con il doppio CD “Gaia II: La Voz Dormida”: tanta strada è stata percorsa dagli spagnoli Mägo de Oz da quel debutto omonimo nel lontano 1994, e si può sentire in maniera marcata il distacco dal suono ruvido del rock americano anni Settanta tendente al blues. Nel frattempo, moltissimi palchi in giro per il mondo sono stati calcati, per lo più nell’America Centro-Meridionale, perché a volte la lingua è una grande barriera, e il cantato in spagnolo non ha certo aperto in egual modo il mercato mondiale a questa numerosa, allegra e chiassosa formazione dalle radici folk e hard rock. Per arrivare a “Gaia II” si sono già registrati dei picchi quali il secondo full-length “Jesus De Chamberi” (1996), che ha segnato il distacco dal semplice rock sgangherato e l’inserimento costante del violino e del flauto a definire il suono della band, e che ha poi trovato ulteriore sviluppo in “Finisterra” (2000) con la canzone-simbolo “Fiesta Pagana” e in “Gaia” (2003) con un altro classico come “La Rosa De Los Vientos”.
E proprio da questo lavoro, in maniera non propriamente lineare, si sviluppa questa monumentale storia in musica, grazie alla mente vulcanica del batterista, nonché scrittore e poeta Txus Di Fellatio (per chi non conoscesse i Mago de Oz, non si scandalizzi davanti a questi nomignoli allegorici/goliardici… altrimenti sarebbe un problema vedere tutti i disegni erotici presenti nella copertina!), che assieme ai compagni di avventura regala agli ascoltatori un doppio album che parla della Santa Inquisizione e della Chiesa, dai tempi della conquista dell’America Latina fino ai giorni nostri, con uno sguardo sempre dalla parte degli ultimi e degli emarginati. Il suono ormai ha raggiunto una tale maturità che tutto viene messo al proprio posto con molta naturalezza, dalle intro magniloquenti e sinfoniche dei pianoforti e dei synth di Sergio Cisneros ‘Kiskilla’, con cori in latino degni dei Carmina Burana, ai tappeti di chitarre sui quali si ergono numerosi assoli e reprise grazie alla presenza di ben tre chitarristi (Frank e Carlitos, storici membri, con il giovane Jorge Salan sugli scudi e ben inserito nel gruppo, vedasi il brano “El Poema De La Lluvia Triste”) e – ovviamente – ai tocchi folk per eccellenza: il violino di Carlos Prieto “Mohamed” e il flauto di Fernando Ponce.
Ritornando all’ascolto, quello che salta subito all’orecchio è la moltitudine di linee musicali: dopo l’introduzione gotica, cupa, dai temi pagani, le sonorità di canzoni come “La Voz Dormida” e “En Nombre De Dios” si spostano verso un mix di 80’s, AOR, gighe scozzesi e rimandi ai grandi del passato (in molti passaggi sono presi a piene mani i riff dei Deep Purple, oltre alle riletture del classico dei Rainbow “Gates Of Babylon” e di “Hymn” degli Ultravox). Man mano che si approfondisce il tema trattato nel dettagliato libretto a corredo del disco, dove ogni testo è anticipato dalla spiegazione della scena che si sta per compiere sottoforma di canzone, ci si accorge che quest’opera può essere letta in duplice chiave: una sul piano musicale, con i numerosi spunti ora allegri e spensierati, ora introspettivi e pieni di lirismo, l’altra sul piano lirico dei testi di denuncia dell’ispiratissimo batterista, che punta il dito contro l’idea di conquista dettata dalla religione e sul bisogno di discriminare tutti quelli che la pensano in maniera differente dal Cristianesimo. Tra i musicisti, oltre a Jorge Salan, seconda nuova entrata nella line-up dei Mägo è il bassista Peri, che ben si comporta in questo muro musicale e che trova anche il modo di ritagliarsi alcuni spazi. Ma il tocco distintivo è il cantato di Josè Andrea, qui meno ‘urlato’ rispetto ai precedenti album e più coinvolto nel pathos, dalla delicata “Creo” all’allegra “Hoy Toca Ser Felix”, fino alla tirata “El Paseo De Los Tristes”.
L’ascolto del primo CD porta a rimandi immancabilmente degli anni Ottanta, ma se alcuni pezzi fanno il loro senza uscire troppo dal seminato, ad un certo punto scocca la scintilla e si viene colpiti dalla hit perfetta, quella canzone che sarà immancabile ad ogni concerto: “La Posada De Los Muertos”, degno successore di quel “Fiesta Pagana” e non a caso scelto anche per un video divertente con i Muppets. Le carte in regola per rimanere subito incollata ci sono tutte, e vien voglia di ripetere il ritornello “Alza tu cerveza!” fin dal primo ascolto. Terminato il primo disco con i rimandi ai Rainbow, si passa subito all’ascolto del secondo, dove il canovaccio si ripete tale e quale: intro strumentale dal titolo “Incubos Y Sucubos” e, a seguire, il secondo singolo estratto, “Diabulus in Musica”, dove synth/batteria/chitarre si muovono in perfetta sinergia. In questa seconda parte dell’opera, a momenti di grande rock si susseguono passaggi di musica strumentale e parlato, per continuare il racconto del concept, avvalendosi anche di guest come Manuel Moreno con la sua chitarra flamenca per impreziosire momenti topici. L’alternanza di canzoni cupe e spensierate conduce l’ascoltatore verso la fine di “Gaia II” e agli oltre venti minuti della conclusiva “La Cantata Del Diablo”, che parte con coro e flauto per poi svilupparsi in svariati temi musicali, con le voci dei protagonisti (tra gli altri anche Patricia Tapia dei Nexx, poi diventata membro ufficiale dei Mägo) e i continui cambi di ritmo per la chiusura narrativa lasciata ad una riflessione. Infatti, per suggellare la lunga esperienza d’ascolto, Txus sceglie di affidarsi alla sua personale rilettura del Padre Nostro, una preghiera rivolta agli ultimi nella società.
Così com’è iniziata, così finisce quest’opera, elaborata ma di facile ascolto, spensierata ma dai temi profondi, dove tutti i musicisti partecipano con i propri virtuosismi alla grande fiesta pagana messa in atto. Non ci sono quindi mezze misure per valutare i Mägo de Oz: o li ami (e quindi sei disposto ad ascoltare quasi due ore di musica hard rock, metal e folk) o li butti nel cestino dopo il primo pezzo. È indubbio però che sono una band completa, che punta sempre a maturare, album dopo album. E questo “Gaia II”, al momento, resta il loro capolavoro.