MALEVOLENCE – Where Only The Truth Is Spoken

Pubblicato il 17/06/2025 da
voto
8.5
  • Band: MALEVOLENCE
  • Durata: 00:40:26
  • Disponibile dal: 20/06/2025
  • Etichetta:
  • MLVLTD

Spotify:

Apple Music:

La storia dei Malevolence è quella di cinque ragazzini inglesi che hanno iniziato a suonare insieme a dodici-tredici anni nei pub di Sheffield, immersi nell’universo metal ed hardcore sin dalla tenera età. Una formazione unita che, ad un certo punto, ha deciso di puntare tutto sulla musica, lanciandosi in un percorso che, passo dopo passo e con etica DYI, li ha portati a giocare coi player principali a livello mondiale, senza management potenti o etichette importanti. Li vediamo associati a Nuclear Blast negli ultimi anni, è vero, ma si tratta di una licenza di distribuzione in cui la band detiene ogni tipo di libertà artistica: ‘M.L.V.L.T.D.’ è il marchio sotto il quale la musica e il merch del gruppo viene concepito e realizzato tramite risorse interne, con una rete in lenta ma inesorabile espansione.
Col quarto disco in studio la band firma il suo lavoro più maturo ed ambizioso, incarnando il punto d’arrivo di un percorso iniziato nel 2013 con l’esplosivo “Reign Of Suffering” e passato per i fondamentali “Self Supremacy” (2017) e “Malicious Intent” (2022). Se già quest’ultimo aveva aperto a un sound più sofisticato ed internazionale il nuovo album va a consolidare in maniera spettacolare questa traiettoria, senza virare o cercare soluzioni a servizio del pubblico, in quello che è sicuramente il disco più importante nella loro carriera.
Registrato allo Studio 606 di Dave Grohl, prodotto da Josh Wilbur (Lamb of God, Gojira, Trivium) e impreziosito dalla leggendaria console analogica Neve 8078 (la cui importanza storica è stata evidenziata nel film documentario “Sound City”), “Where Only the Truth Is Spoken” suona gigantesco e lontano anni luce dallo sterile sound standardizzato della scena, un monolite sonoro che fonde beatdown, groove metal, sludge e hardcore in un equilibrio sapiente, senza mai perdere di vista l’impatto viscerale e l’onestà che ha sempre contraddistinto una band che ha trovato presto il proprio sound distintivo, e si sta adoperando da anni per perfezionarlo col sangue sugli strumenti.
Fin dalle prime battute, nell’uno-due furioso di “Blood to the Leech” e “Trenches”, si capisce che non si sta ascoltando un semplice ‘seguito’: la band non spreca tempo esibendo una masterclass di riff metalcore, breakdown a fuoco, ritmi sincopati e un groove che puzza di sudore e cemento armato. Emergono di nuovo le forti influenze di Lamb of God ed Hatebreed, filtrate attraverso la rabbia di chi ha respirato hardcore nelle strade dell’Inghilterra del Nord.
“If It’s All The Same To You”, accompagnata da un videoclip con l’iconico Alan Ford (faccia indimenticabile di “The Snatch” e “Lock & Stock”), mescola groove midtempo e atmosfere cinematografiche, testimoniando come la band abbia ormai capito perfettamente il valore della dinamica e della scrittura. Le chitarre di Josh Baines e Konan Hall si muovono tra partiture da headbang assicurato ed esaltanti aperture melodiche calibrate al millimetro.
E poi arriva “In Spite”, una collaborazione che chiama in causa Randy Blythe dei Lamb of God e lo mette perfettamente a suo agio in un botta e risposta che sembra scritto in una dimensione parallela tra Richmond e Sheffield: il featuring più organico possibile per i Malev, in qualche senso ‘figli’ dei LOG, in cui probabilmente Blythe riesce ad ottenere quei segmenti che non è in grado di cantare in prima persona.
Nel cuore dell’album, “Salt The Wound” e “So Help Me God” mostrano un songwriting più meditato, con sezioni più atmosferiche e lente, quasi sludge in certi momenti, in cui è naturale riassaporare Pantera, Down e Crowbar. A questo proposito le melodie sporche di Konan Hall, spesso inserite nei ritornelli o nelle sezioni bridge, sono letteralmente il passo avanti rispetto alla concorrenza: più presenti rispetto al passato aggiungono un peso emotivo e una tensione narrativa che caratterizza la band e dona un sound immediatamente riconoscibile.
Privo di momenti trascurabili, “Where Only The Truth Is Spoken” è letteralmente inscalfibile, riflettendo l’esperienza di una band che, anche se ha appena passato i trenta, ha visto e vissuto la gavetta, arrivando al sold-out in Europa e negli States senza mai svendersi e rubando lo show in ogni festival in cui ha messo piede – una band che oggi si permette di alzare di nuovo l’asticella con totale sicurezza nei propri mezzi.
Dato il percorso e la qualità stellare della proposta, si meriterebbero di esplodere come Knocked Loose e Lorna Shore, anche se è più probabile un proseguo fatto di lenta e inesorabile conquista: in un mondo come quello del metal, troppo spesso concentrato sull’incensare i gruppi storici, dobbiamo ricordare quant’è bello vivere il ‘prime’ di una band che, pur in scala ridotta, sta decisamente lasciando il segno.

TRACKLIST

  1. Blood To The Leech
  2. Trenches
  3. If It’s All The Same To You
  4. Counterfeit
  5. Salt The Wound
  6. So Help Me God
  7. Imperfect Picture
  8. Heavens Shake
  9. In Spite (feat. Randy Blythe)
  10. Demonstration Of Pain
  11. With Dirt From My Grave
0 commenti
I commenti esprimono il punto di vista e le opinioni del proprio autore e non quelle dei membri dello staff di Metalitalia.com e dei moderatori eccetto i commenti inseriti dagli stessi. L'utente concorda di non inviare messaggi abusivi, osceni, diffamatori, di odio, minatori, sessuali o che possano in altro modo violare qualunque legge applicabile. Inserendo messaggi di questo tipo l'utente verrà immediatamente e permanentemente escluso. L'utente concorda che i moderatori di Metalitalia.com hanno il diritto di rimuovere, modificare, o chiudere argomenti qualora si ritenga necessario. La Redazione di Metalitalia.com invita ad un uso costruttivo dei commenti.