7.0
- Band: MAN MUST DIE
- Durata: 00:41:16
- Disponibile dal: 17/02/2023
- Etichetta:
- Distortion Music Group
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A praticamente un decennio di distanza dal loro ultimo full-length, ritroviamo i Man Must Die, ormai rimasti fra gli ultimi esponenti di un’attitudine ‘moderna’ applicata al death metal oggigiorno poco diffusa. Non si pensi a certi ibridi contemporanei: quando il gruppo scozzese ha mosso i suoi primi passi, tra il 2002 e il 2004, il fulcro di queste sonorità erano band come Decapitated, Neuraxis, Cryptopsy di metà carriera, Dying Fetus o anche i Kataklysm più agili di inizio millennio, quindi qualcosa che combinasse tecnica e groove, impatto e orecchiabilità, ma senza scadere in partiture troppo monocorde o di chiara estrazione djent, come invece avviene oggigiorno quando si guarda a ciò che viene comunemente definito “deathcore”. Nel 2019 il quintetto ha pubblicato un EP intitolato “Gagging Order”, ma è con questo “The Pain Behind It All” che si può parlare di vero e proprio ritorno per la formazione di Glasgow, un disco che riconferma le prerogative timbriche alle quali abbiamo accennato, attraverso le caratteristiche rasoiate di chitarra che fendono l’aria ricalcando un preciso disegno di reiterazioni, scambi e sovrapposizioni, con la sezione ritmica al solito nitidissima e chirurgica nella sua manovra. Se negli ultimi anni il mondo underground death metal ha riscoperto le produzioni organiche e le esecuzioni grezze e spontanee, “The Pain…”, al contrario, recupera in pieno quella pulizia e quell’afflato scintillante che ebbero modo di imporsi una ventina di anni fa con l’avvento di certe nuove tecnologie. Per la proposta degli scozzesi, una simile resa sonora è tuttavia pienamente azzeccata: siamo appunto dalle parti di un death-thrash che punta tutto su un impatto immediato, con un groove dosato meticolosamente e un dinamismo cercato soprattutto tramite continui stop’n’go e una tipologia di riffing di chitarra che non può certamente prescindere dalle lezioni di opere come “Nihility” o “Truth Beyond…”.
Pur suonando un po’ di maniera in alcuni passaggi, rispetto al precedente “Peace Was Never an Option”, questo nuovo lavoro risulta comunque maggiormente centrato e immediato, grazie in primis a una tracklist più compatta nella durata, la quale riesce al contempo a mettere sul piatto una discreta varietà. Il flusso dei brani mostra infatti una buona dose di coerenza ed intelligenza nelle variazioni di registro e nei cambi di tempo, a testimoniare come i Man Must Die siano ormai una formazione saggia ed esperta. Anche il comparto vocale denota inoltre una discreta duttilità, affidandosi qua e là ad un pulito declamatorio che può ricordare vagamente gli ultimi Napalm Death. Tanti elementi, tutto sommato ben gestiti, che producono insomma un’opera magari non personalissima, ma certamente onesta, che, ascolto dopo ascolto, sa come lasciare il proprio segno.