8.5
- Band: MANBRYNE
- Durata: 00:41:22
- Disponibile dal: 09/04/2021
- Etichetta:
- Malignant Voices
- Terratur Possessions
- Distributore: Audioglobe
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I polacchi Manbryne non partono certo leggeri, con un estratto di una delle scene più intense di “The Devils”, capolavoro del 1971 di Ken Russell, all’epoca accusato di blasfemia. E nel farlo dimostrano una notevole cultura cinematografica. Il buon giorno si vede dal mattino? In parte, si. L’atmosfera che si respira per tutto questo “Heilsweg: O Udręce Ciała I Tułaczce Duszy” è decisamente sinistra e luciferina, ma sopratutto si stacca da certi cliché del black metal polacco, attestandosi su un approccio musicale violento ma più venato di old-school: non c’è né il nichilismo dei Mgła, né la tetra ieraticità dei Batushka (scegliete voi quali, noi abbiamo perso il conto delle ramificazioni): piuttosto un assalto all’arma bianca che sa di zolfo, tentazioni diaboliche, possessioni, anime perdute e candele nere. Questo disco è un’opera dalle mille stratificazioni: sa essere diretto nei singoli pezzi, pur mantenendo sempre un’aura di cupo mistero, eppure nel complesso si rivela profondo e sfaccettato; tra arpeggi sinistri e riff tirati, tra una voce ispiratissima e un drumming forsennato i Manbryne non perdono mai la bussola e mantengono dritto il timone verso quello che fin dall’inizio si prefiggono. E se quell’incipit tratto da Ken Russell è, sì ricercato, ma un po’ pretenzioso, il disco si rivela tutt’altra cosa: così i cinque lunghi pezzi si susseguono senza pietà per l’ascoltatore, colpendoci da ogni lato, ricordandoci – a tratti – i Behemoth dei tempi che furono (quelli di “Satanica” e “Thelema.6” per intenderci), ma con una nota personale che non può sfuggire. E’ proprio la continua alternanza tra furia blasfema, midtempo e parti più atmosferiche che sembra raccontarci una storia, completa e diretta in ogni pagina. “W Pogoni Za Wiarą” è uno di quei pezzi che, da solo, merita l’acquisto di un disco, così come la gelida violenza di “Na Trupa Trup”, col cantato di S. sempre grondante sangue e le chitarre di Renz e Wyrd intrecciate in spirali di fumi infernali. La carica blasfema dei Manbryne trasuda, traccia dopo traccia, colpendoci con la maligna seduzione di una succube infernale e imprimendo il marchio che lasciano gli ottimi dischi: il desiderio di premere nuovamente il tasto play al termine dei poco più di quaranta minuti di musica, non appena questi terminano. Forse i quattro polacchi sapranno, idealmente, raccogliere il testimone che Nergal ha abbandonato quando ha deciso di dedicarsi più ai social che alla musica; comunque lasciano il segno con uno dei migliori dischi black metal di questi primi mesi del 2021.