6.0
- Band: MANILLA ROAD
- Durata: 00:47:43
- Disponibile dal: 15/07/2011
- Etichetta:
- High Roller Records
Spotify:
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Capita spesso che formazioni mediocri, vere e proprie meteore del firmamento heavy metal, vengano etichettate dal solone di turno come cult band e per questo meritevoli di essere tramandate ai posteri. Definire invece i Manilla Road come gruppo di culto non è per nulla azzardato, anzi. Sempre fedeli al loro credo artistico, volto verso un epic metal fiero e polveroso, e mai tentati dalle mode del momento per conquistare qualche briciolo di fama e soldo in più: questa è l’essenza del combo del Kansas, sulle scene ormai da più di tre decadi. Ora, tre anni dopo il buon “The Voyager”, Mark Shelton e compagni tornano con il nuovo (giuntoci con un po’ di ritardo) “Playground Of The Damned”, che, manco a dirlo, continua il viaggio iniziato a fine anni Settanta. L’album propone la solita musica minimalista nei suoni, ma al contempo ben articolata e strutturata, dalle partiture ipnotiche e a volte vicinissime al doom. L’alone di mistero è presente in ogni composizione e la voce di Shelton, ormai spuntata e non più arcigna come un tempo, riesce a trasmettere comunque il giusto pathos ad ogni singolo episodio, tramite una teatralità e una verve comunicativa non comuni. Quello che non funziona proprio è la produzione del disco, troppo scarna ed essenziale ed esageratamente retrò, addirittura peggiore rispetto ai classici del passato come “Crystal Logic”, “Open The Gates” e “The Deluge”. Va bene il purismo, ma ai giorni nostri un suono del genere è inaccettabile e non possiamo non tenerne conto in sede di giudizio finale. “Playground Of The Damned”, pur potendo contare su un lotto di canzoni ben congegnato, non può quindi andare oltre una misera sufficienza. Peccato: con un approccio più “aperto” alle nuove tecnologie in fase di produzione, saremmo qui a parlarne in maniera sicuramente più lusinghiera.