6.0
- Band: MANOWAR
- Durata: 01:29:16
- Disponibile dal: 17/07/2009
- Etichetta:
- Magic Circle
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
Apple Music non ancora disponibile
Solo due anni fa i Manowar pubblicavano “Gods Of War”, un album dalla forte componente sinfonica che aveva attirato le critiche di molti, soprattutto di coloro che dal quartetto newyorkese pretendono puro metallo senza fronzoli. Era nell’aria dunque un ritorno di Joey DeMaio e soci su sonorità più heavy, fatte di ritmiche sostenute, chitarre e doppia cassa. Questo nuovo EP si inserisce proprio in questa ottica, cercando di recuperare lo stile semplice e diretto di “Louder Than Hell” (anch’esso non esente da critiche all’epoca della sua pubblicazione…). Molti fan accoglieranno con gioia tale decisione ma è bene ricordare che non è tutto oro quello che luccica. Il qui presente dischetto contiene infatti cinque nuovi brani non tutti propriamente esaltanti. Di questi pezzi quattro sono inediti e uno, “Die With Honor”, è già stato pubblicato come singolo in occasione del Magic Circle Festival 2008. Il pezzo è un mid tempo anthemico che però non prende quanto dovrebbe per via sopratto di un chorus troppo scontato e prevedibile, distante anni luce da quello ad esempio di una “Warriors Of The World United”. L’altra canzone che non ha convinto il sottoscritto è la stessa titletrack, classico brano in doppia cassa marchiato Manowar, con tanto di stacco lento centrale dove la voce di Eric Adams è in primo piano. Sebbene alla batteria sia stato reclutato l’ex Donnie Hamzik in sostituzione temporanea di Scott Columbus, il brano soffre di una vistosa staticità in termine di ritmiche, costantemente assestate sullo stesso linearissimo tempo dall’inizio alla fine, salvo il break nel mezzo. Anche il ritornello fatica ad uscire e come riffing “Thunder In The Sky” è scarna, priva di tiro e si salva solo l’assolo di chitarra. Troviamo poi quello che secondo chi scrive è il brano migliore del lotto, “Let The Gods Decide”, up tempo priestiano dove riff e linea vocale hanno invece un buon tiro. “Father” è invece un bel lento semi-acustico giocato interamente sull’indiscutibile maestria di Eric Adams nel cantato pulito. I Manowar non sono i Manowar se non esagerano e dunque eccovi il pezzo riproposto in ben sedici lingue. L’ultima nuova creazione è la discreta “God Or Man”, sulla quale è ancora la doppia cassa di Donnie a dettare le coordinate e Karl Logan, come nella titletrack, a livello di riff si riduce al minimo sindacale, ma è l’incisiva linea vocale a dare la giusta spinta al brano. Presente anche una versione riregistrata in chiave più metal della celeberrima “The Crown And The Ring”, del cui rifacimento onestamente non se ne sentiva il bisogno. Complessivamente ci troviamo dunque di fronte ad alcuni brani convincenti, alternati ad altri non degni di particolar nota. Speriamo che sull’imminente nuovo album “Hammer Of The Gods”, il primo con la collaborazione dello scrittore Wolfgang Hohlbein, i Manowar riescano ad unire la volontà di un ritorno alle loro classiche cavalcate metalliche con un songwriting qualitativamente in linea con le attese, come hanno saputo fare solo negli episodi migliori di questo primo assaggio.