
7.5
- Band: MANTAR
- Durata: 00:35:31
- Disponibile dal: 14/02/2025
- Etichetta:
- Metal Blade Records
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Erinc e Hanno vanno avanti per la loro strada, praticamente incuranti di tutto quanto gli accada attorno, e proseguono nella loro personalissima rivisitazione di metal, punk, hardcore, darkwave, noise, alternative rock, rifuggendo le scene e i comportamenti più stereotipati. Un’attitudine che ne ha fatto le fortune nell’underground e non li ha mai fatti sbandare, sia che andassero a parare su discorsi più affini al black metal/sludge – negli anni su Nuclear Blast, con “Ode To The Flame” e “The Modern Art Of Setting Ablaze” – sia che stessero su un suono più ruvido e ‘indie’, come quello dell’esordio “Death By Burning”, “Pain Is Forever And This Is The End” e per l’appunto questo “Post Apocalyptic Depression”.
Si riparte allora da quel mix cafone, rissoso, anticonformista che era il disco del 2022 e si va avanti perentori su quel filone, inanellando un lotto di canzoni tanto semplici, quadrate e catchy, quanto tremendamente efficaci per chi vuole darsi una botta di adrenalina, ignoranza e un certo buongusto nel mettere assieme sonorità contigue ma non per forza strettamente imparentate. A meno che non ci mettano mano i Mantar, diremmo noi, perché su questo ricettacolo di ritmiche dirompenti, riffing sporco e zanzaroso, melodie tese e serpeggianti, ci hanno costruito le proprie fortune e non intendono abbandonare una ricetta tanto fortunata.
A sentir loro, il modo di affrontare il processo creativo è stato in questa occasione molto diverso da quello di “Pain Is Forever And This Is End”, quando lo stress stava letteralmente divorando i due musicisti tedeschi. La scrittura sarebbe stata stavolta decisamente più istintiva, così come più rapide e meno ragionate nel fine dettaglio le registrazioni. Per quanto ci fidiamo del loro sentire, a nostro avviso le differenze attitudinali e di resa fattiva non sono poi coì numerose, mentre concordiamo sul fatto che le attinenze con l’esordio “Death By Burning” vadano al di là della copertina, curata come per il disco del 2014 dall’artista Aron Wiesenfeld.
“Post Apocalyptic Depression” vive in ogni caso dello spirito più punk e genuinamente ribelle del duo, assecondando primariamente la proverbiale istintività di questi musicisti, impegnati in brani rancorosi e selvaggi, più adatti per una serata in un centro sociale con i muri che cadono a pezzi, invece che per il palco di un grande festival.
In un contesto cotanto sporco e basilare, l’abilità compositiva rimane degna di nota e fin dall’apertura di “Absolute Ghost” nichilista intransigenza, melodie tese e un personale fare anthemico si amalgamano e si intervallano per dare sapidità alla musica. Lo scarno corredo strumentale non è mai stato un limite per la formazione, dando infatti l’interazione tra chitarra e batteria un particolare tocco, una ritmicità snella e incalzante difficile da confondere. La chitarra di Hanno instilla ridotti ma fondamentali dosaggi di darkwave e post-punk nell’urticante colata metal/punk che costituisce l’ossatura sonora, dando poi efficace risalto ai ritornelli, sempre enfatici e cantati con stentorea rabbia (tipo quello di “Principle Of Command”).
In più occasioni si va a parare in coordinate crust (“Halsgericht”, “Pit Of Guilt”), incrociandole con un rock’n’roll marcissimo, ottenendo sempre risultati assai gradevoli. La band sa quando spingere sull’acceleratore – solo quando serve, senza eccedere – e quando dedicarsi ad andamenti meno forsennati, garantendo un minimo di respiro all’opera nel suo complesso. In effetti non si scade nella ripetitività, complice un songwriting che rimane fresco e divertente fino al termine e una durata contenuta.
“Post Apocalyptic Depression” è disco stradaiolo, di pancia ma sostenuto da buone argomentazioni: i Mantar si confermano una realtà originale del panorama metal europeo, fondamentalmente uguali solo a se stessi.