6.5
- Band: DRAGONFORCE , MARC HUDSON
- Durata: Durata: 00:54:59
- Disponibile dal: 25/08/2023
- Etichetta:
- Napalm Records
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Ma dove è finito il caro vecchio happy power metal dei primi anni Duemila? Quando il genere si è trasformato nel – come definito su queste pagine – ‘cosplay metal’, molte giovani leve provenienti da un sottobosco nerd/videoludico si sono riaffacciate a questi generi, rimanendo però affrancati a dischi nuovi e senza mai troppa voglia di andare a recuperare i fasti del passato. Marc Hudson, dopo dodici anni di permanenza nei Dragonforce, con il suo disco solista “Starbound Stories” decide che è il momento di separarsi temporaneamente da quel sottobosco ‘extreme power metal’ e di andare a cercare qualcosa più simile ai Freedom Call (arrivando a lambire lidi anche vicini ai Nocturnal Rites), senza però lasciar perdere il tipo di suoni ai quali i giovani metallari sono più affezionati.
Nasce così un disco che sin dalle note a margine dichiara il proprio amore per le colonne sonore, i videogiochi e la cultura giapponese, tant’è che la copertina sembra uscita dal famoso mobile game Genshin Impact. Non solo: la bionda ugola d’oro ha chiamato a supportarlo Frédéric Leclercq (ex Dragonforce, ora in forza nei Kreator tra gli altri) alla chitarra, Shaz D alle tastiere e Rich Smith dei furono Power Quest alla batteria, insomma una supersquadra di supereroi musicali.
Quello che ne viene fuori è un disco scanzonato, tra pezzi che parlano di battaglie fra bene e male, ballad con tanto di tamburello sulla batteria, strumenti tradizionali giapponesi e qualche improvvisata di growl, rigorosamente cantato da Ryoji Shinomoto, conosciuto piuttosto per il suo pseudonimo: Gyze.
Non è l’unico dei megaospiti che sono presenti sul disco: sulla prima “Freedom Heart”, pezzo tutto doppia cassa e tastieroni, compare Syu dei giapponesi Galneryus; l’assolo di “Dracula X”, con il suo incedere tastieroso, è suonato da Jacky Vincent, noto per la sua militanza nei Falling In Reverse e nei Cry Venom, mente i cori sono di Adrienne Cowan dei Seven Spires. Su “Stars”, ballatona immancabile su un disco power vecchia scuola, si possono apprezzare i violini di Mia Asano, mentre lo youtuber Stevie T. e Galen Stapley degli Azure suonano gli assoli e la chitarra ritmica su “Call Of The Martyrs”, classicissimo pezzo dal carattere sognante e l’incedere a marcia trionfale. Non può inoltre mancare un pezzo cantato quasi interamente in giapponese come “One More Sight Of The Sun With You”, che pesca a piene mani dall’immaginario j-pop e si configura come quasi fosse una sigla di un anime.
Insomma, un lavoro corale per creare il disco che il buon Hudson aveva esattamente in testa, ma a noi ascoltatori cosa resta? Se possiamo da una parte apprezzare il tentativo di recuperare le sonorità del vecchio power metal più tamarro, dall’altra riteniamo un po’ maldestro il discorso di mescolarlo con le nuove correnti musicali basate sulle generazioni di ‘star’ uscite da Twitch e Youtube: “Starbound Stories” soffre di una ripetitività cronica, nonostante la quantità enorme di special guests, e fatica a decollare del tutto anche se le canzoni risultano comunque divertenti.
Non aiuta la produzione ipercompressa, ormai standard dei dischi odierni, che alla lunga tende ad annoiare. A Marc Hudson si può tributare il fatto di averci provato e comunque di aver scritto l’album che voleva assolutamente far uscire, ma tutto ciò resterà probabilmente confinato agli scaffali dei fan dei Dragonforce o alle playlist degli streamer che ascoltano power metal ‘moderno’.