
7.5
- Band: MAREA
- Durata: 00:21:00
- Disponibile dal: 09/05/2025
- Etichetta:
- Masked Dead Records
Spotify:
Apple Music:
La Marea si è rialzata e anche stavolta ha lasciato sul bagnasciuga qualche oggetto smarrito, reliquia di un altro mondo e memoria di un tempo mai vissuto. A meno di un anno dall’ ottimo debutto “The Silence of Rust”, Matteo Balzarini torna infatti ad incantare con la sua one-man-band e con un EP che è un piccolo gioiello.
“Adrift”, nei suoi ventun minuti di durata, è davvero un invito ad abbandonarsi alla deriva nei propri pensieri, lasciando che le emozioni fluiscano in un ondeggiare insieme imprevedibile e avvolgente. Uno stream of consciousness musicale, che enfatizza gli aspetti più intimisti e meditativi del progetto e quel senso emergenza espressiva che avevamo già lodato nel lavoro precedente.
Rispetto a “The Silence of Rust”, la formula di Marea trova qui un’interessante evoluzione: il sound è più arioso, le composizioni più distese, la ricerca della melodia definitivamente padrona del songwriting. Anche il cantato è meno angoscioso, con la predominanza di un growl malinconico sullo screaming affilato e quasi depressive ascoltato nel full-length, che qui torna solo occasionalmente.
Rimane intatto e anzi, trova forse ancora maggiore spazio l’omaggio a un certo sound degli anni Novanta e primi Duemila: Klimt 1918, Novembre, Paradise Lost riecheggiano lungo tutta la durata del platter, senza scivolare mai nel manierismo.
L’opener “Useless” è una sorta di manifesto di questo nuovo corso vagamente romantico di Marea, con il post-black a fare da co-primario in un pezzo che coniuga vibrazioni doom a reminiscenze alternative. Tutto è studiato per massimizzare il trasporto emotivo, a partire da un riff portante che prende la pancia fin dalle prime battute, fino alle linee vocali immediate e alla produzione, che conserva un suono piuttosto naturale.
La chitarra protagonista assoluta della prima traccia instaura un dialogo con il basso e una controparte acustica in “Rusted”, che suona un po’ come un anello di congiunzione tra il Marea del debut-album e quello del 2025. Il brano segue una struttura libera, istintiva, partendo da uno slargo che sembra quasi riverberare sull’acqua che apre ad una lunga digressione vocale – quasi una declamazione, più che un ripetersi di strofe e ritornelli.
Chiude una lunga traccia strumentale che porta, significativamente, il nome del progetto e che è un buon compendio dell’essenza di questo lavoro: una sorta di passeggiata solitaria immersa in una nostalgia insieme dolce e terribile, tracciata con mano delicata tra riff trasognati e intarsi acustici, suoni acquatici e percussioni che sottolineano con grande efficacia la componente emozionale di ciascun passaggio. La voce entra solo verso la fine, con un grido lontano che sembra portato dal vento: un urlo non disperato, ma liberatorio.
La nostalgia, forse, è proprio la sensazione che “Adrift” lascia addosso. Nostalgia per una certa stagione musicale, o forse per una stagione della propria vita. Nostalgia che può essere, appunto, dolorosa ma anche tenera, nel modo in cui sono dolorosi e teneri certi ricordi evocati da un luogo, da una canzone o da un oggetto. Come quelli evocati da una conchiglia raccolta in riva al mare chissà quando e ritrovata per caso, in fondo a un cassetto.
Il 5 maggio “Adrift” è uscito in anteprima su Metalitalia.com. Puoi ascoltarlo qui.