8.5
- Band: MARILYN MANSON
- Durata: 01:01:06
- Disponibile dal: 09/05/2003
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L’ età d’oro del grottesco: mai titolo fu più azzeccato per descrivere i tempi in cui stiamo vivendo, dominati da un sogno americano che col tempo si è trasformato in un incubo, sgretolandosi sotto le bombe della falsa democrazia, e lo sciacallaggio dei grandi gruppi industriali, lasciandoci increduli davanti allo spettacolo di una realtà grottesca ed ipocrita. E proprio l’analisi lucida di questa realtà è ciò che propone Marilyn Manson nel suo ultimo album; lucida e fastidiosa e, perché no, pericolosa, proveniente dal cuore stesso di un’America messa così di fronte ad uno dei suoi frutti più marci, che ora si innalza a giudice e fustigatore dei costumi del suo paese: “I’m on campaing for pain/And when i get Elected/I’ll wipe the white of your house/The smile off your face” (“Use Your Fist Not Your Mouth”). Mr Manson è perfettamente consapevole di poter criticare il suo paese, di poterlo etichettare come grottesco perché lui stesso ne rappresenta una grottesca appendice: un semplice americano che ha dato sfogo ai suoi desideri senza nessuna inibizione e che si è trasformato in quello che ogni americano (ognuno di noi) potrebbe essere; l’America ne ha paura perché sa che un giorno i suoi figli potrebbero essere esattamente come lui. Etichettato troppo in fretta come la solita pagliacciata commerciale, con questo “The Golden Age Of Grotesque” Marilyn Manson si candida ad essere uno degli artisti più concettuali e veri dell’attuale scena musicale, smentendo tutti coloro che troppo semplicemente volevano relegarlo nel cassetto dei musicisti costruiti a tavolino; Manson è un artista globale, che è in grado di esprimersi attraverso differenti forme d’arte che vanno al di là della sola musica e che investono anche la pittura e la regia. In ogni sua opera, Manson inserisce un frammento della sua filosofia, della sua visione della realtà trasfigurata ovviamente dal filtro del suo mondo interiore che si regge su immagini estreme, raccapriccianti e disturbanti. Eppure l’evoluzione dell’artista/musicista Manson è evidente di album in album, ed in questo “the Golden Age Of Grotesque” (forse il suo album più semanticamente destabilizzante) tocca il suo apice. Non solo perché ogni traccia su questo disco ha la forza di veri e propri anthem come non se ne sentivano da tempo (ascoltate a questo proposito la dirompente “This Is The New Shit” e fate il nome di un gruppo in grado di scrivere un pezzo come questo), ma anche perché Manson per l’occasione ha deciso di coniare un linguaggio completamente nuovo, rendendo questo lavoro estremo anche a livello sintattico: “We’re the low art gloominati/And we aim to depress/The scabaret sacrilegends/This Is The Golden Age Of Gotesque”. Come ogni artista sa, non è solo il messaggio che conta ma anche il mezzo, mezzo che in “the Golden Age Of Grotesque” è rappresentato anche dal linguaggio, tanto che la musica correrebbe il rischio di passare in secondo piano se queste canzoni non fossero le migliori mai scritte da Manson, caratterizzate da un mood oscuro e violento in cui la componente industrial prende il sopravvento su quella metal. L’ambientazione nazista, oltre ad essere perfettamente azzeccata ed in linea con quanto si è potuto veder accadere intorno a noi negli ultimi tempi, si adatta alla forte concettualità del disco, rifacendosi ad un periodo così ideologicamente pericoloso e destabilizzante da portare all’eliminazione di milioni di persone proprio in nome di un’idea. Non lasciatevi scappare questo disco, sarebbe un grave errore: di lavori di questo calibro ne escono veramente pochi, anzi pochissimi.