7.5
- Band: MARS RED SKY
- Durata: 00:44:38
- Disponibile dal: /04/2014
- Etichetta:
- Listenable Records
- Distributore: Audioglobe
Secondo album per i Mars Red Sky, fautori di un suono decisamente cerebrale, risultato di una distorsione allucinata dei classici riff stoner che guardano ai Black Sabbath e “acidizzati” da squarci di wah-wah, mentre venature space rock emergono sovente dall’uso dell’effettistica e, pur non inventando niente, riescono a dare un tocco meno solito alla musica di questa band: immaginare una versione più pulita, melodica ma altera, del sound proposto dagli ultimi Electric Wizard può dare un’idea generalmente sensata della situazione. L’aspetto dominante di “Stranded In Arcadia” è un certo qual carattere placido, che smorza le suggestioni settantiane con cantati quasi sussurrati, senza mai disperderne il tiro: se è vero che groove e suono saturo, uniti a un bell’intervento di doppia cassa, sono le credenziali che presentano “Hovering Satellites”, è vero anche che quanto segue condivide le aperture di canzoni come “After Forever” o “Lord Of This World”, sedato ulteriormente per mezzo di robuste “insufflagioni” erbacee e ingentilito da parti corali eteree, ma mai così tanto da nascondere un crepuscolare scintillio progressivo all’inglese. Decisamente accattivante anche l’aria sorniona di “Holy Mondays”, che introduce quasi a presa di naso al carattere sbarazzino di “Join The Race”, che a sua volta irride l’ascoltatore come fosse una canzonetta estiva statunitense della prima metà degli anni 60, irrobustita da massicce zampe di pachiderma mosse in una sorta di danza sonnolenta, ispirata da una sezione ritmica parimenti rilassata. Dopo che avrete sentito crescere “Arcadia” nelle vostre orecchie, divertiti magari dall’immagine di uno stregone intento al suo calderone, in una rivisitazione chimica delle movenze racchiuse nel celebre corto disneyano “Fantasia”, il disco verte a conclusione sulle note di “Seen A Ghost”, vaporosa cattedrale sonora gravida delle eco riverberanti degli strumenti a corda, le cui colonne traboccano d’intarsi a bassa frequenza: è innegabile la dimestichezza che questi ragazzi hanno coi vari paradisi artificiali – carattere diremmo necessario per un disco stoner – e unendola ad una certa freschezza e originalità, per lo meno nel dominio dell’ispirazione, vi sarà presumibilmente chiaro perché abbiamo insignito “Stranded In Arcadia” del titolo di Hot Album. Consigliato agli amanti dello stoner più settantiano e desiderosi d’un po’ di respiro.