8.0
- Band: MARUTA
- Durata: 00:27:42
- Disponibile dal: 02/06/2015
- Etichetta:
- Relapse Records
- Distributore: Audioglobe
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Il grindcore è un genere troppo versatile per non sfruttarne appieno le mille potenzialità espressive. Lo sanno bene i Maruta, musicisti che in quasi dieci anni di carriera non hanno mai avuto il timore di osare e sperimentare, allontanandosi poco per volta dalla loro zona di comfort (presieduta da Pig Destroyer e Leng Tch’e e saldamente occupata fino al debutto “In Narcosis”) con l’intento di cimentarsi in qualcosa di meno inquadrato e più personale. A questo proposito, il precedente “Forward Into Regression” aveva già lasciato intravedere dove potesse arrivare il quartetto floridiano, ma è soltanto con “Remain Dystopian” – disco che per altro sancisce ufficialmente l’ingresso della band nel roster Relapse – che le sue reali mire artistiche vengono a galla, concretizzandosi in un lotto di brani straordinariamente ricco di contenuti e sfaccettature, dal quale lasciarsi travolgere e ridurre in pezzi. L’atmosfera che permea queste diciassette schegge impazzite è densissima, asfissiante, e trova perfettamente riscontro (oltre che nell’artwork post-apocalittico) in un comparto strumentale che sembra il frutto degenere di un olocausto nucleare: le chitarre si contraggono insistentemente come in preda a spasmi, vomitando riff nervosi e scattanti e disseminando il tutto di dissonanze spaccatimpani, minuziosamente intarsiate nel contesto di ogni traccia, mentre la batteria – ligia al proprio dovere – imbastisce uno scheletro ritmico impressionante in termini di potenza e fantasia, alternando tremende scariche di blast-beat, pregevoli giochi di piatti e decelerazioni repentine alla maniera di un invasato sotto acidi. Non è da meno – ma c’era da aspettarselo – il frontman Mitchell Luna, in grado con la sua vocalità poliedrica di accentuare l’impatto già di per sé severissimo della musica racchiusa in questi solchi, cocktail di grind, math-core, death e sludge che vede mescolati come se nulla fosse Pig Destroyer, Discordance Axis, The Red Chord e Portal fino al raggiungimento di una reazione chimica devastante. Un songwriting fluido e intelligente, messo al completo servizio di gioiellini come “Stride Endlessly Through Scorched Earth”, “Submergence Aka Barren Oceans Of Infinity” e “Psalm For The Withered”, rappresenta insomma la chiave di volta del successo di questo “Remain Dystopian”, opera consigliata non soltanto ai vari grindfreaks, ma a tutti gli appassionati di extreme metal evoluto. Ventisette minuti che fanno più male di intere discografie.