7.0
- Band: MASTERCASTLE
- Durata: 00:44:56
- Disponibile dal: 10/01/2022
- Etichetta:
- Diamond Productions
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Album dopo album, i Mastercastle hanno messo insieme una discografia ormai alquanto considerevole, se teniamo conto che questo nuovo lavoro, “Lighthouse Pathetic”, è il settimo full-length del gruppo.
La band propone come di consueto un metal melodico dalle tinte neoclassiche, che non trascura magari di tanto in tanto di intercalare assoli o stacchi ispirati a pezzi di musica classica: la stessa titletrack “The Lighthouse Pathetic”, che immaginavamo potesse essere ispirata dal titolo alla “Patetica” di Beethoven, comprende invece una citazione di un tema di un altro pezzo celebre del grande compositore tedesco, ovvero la cosiddetta “Sonata Al Chiaro Di Luna”. Come di consueto, c’è anche una rivisitazione di un brano contenuto in una colonna sonora, che in questo caso è “Rosso Profondo”, evidente rifacimento in chiave chitarristica (tra neoclassico e fusion) del celebre brano dei Goblin, “Profondo Rosso”, soundtrack del film di Dario Argento, con la partecipazione peraltro di Andrea De Paoli (Shadows Of Steel, ex Labyrinth) alle tastiere. C’è anche la “solita” cover in chiusura del disco, che in questo caso è “Fast As A Shark” degli Accept, con la presenza di Flegias dei Necrodeath e di Francesco La Rosa (Denial, Extrema, ma anche ex Mastercastle). La band ha pensato inoltre di recuperare e riproporre “Space”, una canzone già presente nel primo album, “The Phoenix”, per l’occasione riarrangiata. Tra i brani più “classici” per lo stile dei Mastercastle, si mette in evidenza sicuramente l’opener “Who Cares For The Moon”, dove si assiste ad un bel duetto della cantante Giorgia Gueglio con Fabio Lione, in veste di ospite (che poi ritroviamo anche in “Call Your Wings”) e le più heavy “That’s All” e “Diamonds” (quest’ultima con un altro ex Labyrinth, ovvero Mattia Stancioiu). Più particolari “Monster Whispers”, una canzone accattivante e fortemente intrisa di blues, nonchè “Fantastic Planet”, una traccia quasi strumentale, molto atmosferica (ancora con Andrea De Paoli) e nella quale la chitarra di Pier Gonella si cimenta con diversi stili musicali.
A nostro avviso, proprio per questa sua varietà, l’album risente un po’ di una certa eterogeneità, che fa perdere di vista una precisa identità che la band invece ha sempre dimostrato negli anni di possedere. Resta il fatto però che, indubbiamente, “Lighthouse Pathetic” è un disco ben interpretato, che riesce ad emozionare e a catturare l’attenzione dell’ascoltatore per tutta la sua durata, per cui merita senz’altro una valutazione più che positiva.