9.0
- Band: MASTODON
- Durata: 00:50:09
- Disponibile dal: 24/03/2009
- Etichetta:
- Warner Bros
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I Mastodon hanno saputo sicuramente, con i tre dischi fin’ora usciti, dividere gli ascoltatori in chi li ama e li considera una delle speranze per il metal moderno e chi li trova noiosi o addirittura inutili. Il loro suono, che unisce hardcore, sludge e un pizzico di thrash a una vena molto progressive, è in continua evoluzione. Dopo il chiacchierato approdo alla Warner con “Blood Mountain”, che ha sicuramente smentito chi li pensava finiti, per la stessa etichetta esce “Crack The Skye”, album molto atteso soprattutto viste le dichiarazioni del quartetto su un ammorbidimento (ulteriore) del loro sound. In particolare, in questo ultimo disco, il progressive degli anni ’70 e il rock di quegli anni hanno un’influenza fondamentale sui quattro, con addirittura l’aggiunta in alcune tracce di tastiere (non troppo in primo piano, ad ogni modo). Nelle interviste precedenti l’uscita si è letto molto di una maggiore importanza data alle linee vocali del disco, grazie anche alla scelta di Brendan O’ Brien come produttore: possiamo dire che è un elemento riscontrabile fin dalla prima traccia, “Oblivion”, che contiene probabilmente il più bel ritornello della discografia del quartetto di Atlanta: le voci grezze e urlate dei dischi precedenti lasciano spazio in “Crack The Skye” a un cantato pulito e molto espressivo che vede partecipi Brent Hinds, Brann Dailor e Troy Sanders, con il primo impegnato molto più che negli album precedenti (viene quasi da chiedersi perché abbiano tenuto “nascoste” queste voci per tutto questo tempo). Il sound è sicuramente più morbido ma anche molto coeso, tutti suonano al servizio della riuscita del brano, Dailor compreso. Il suo tocco è sempre riconoscibile, anche se le parti di batteria sono un po’ meno fitte ma non per questo meno belle. L’incedere dell’album ha un ritmo piuttosto lento (niente mazzate alla “Ísland”, per intenderci), ma molto evocativo. Le chitarre dialogano fra loro creando armonie riuscitissime (come nella sopra citata “Oblivion”) e con il buon Hinds che si concede più assoli che nei dischi precedenti. Bellissime anche le due tracce più lunghe del disco, veramente epiche, ovvero “The Czar” (divisa in quattro movimenti, che si susseguono fluidamente senza interruzioni) e “The Last Baron”, traccia conclusiva dai numerosi mutamenti di atmosfera. Davvero molte buone idee, quindi, sviluppate con classe e senza virtuosismi fini a se stessi (come da tradizione per i quattro). L’unico appunto che si può muovere è che un paio di riff non sono perfetti, ma si tratta veramente di piccolezze. Insomma, i Mastodon hanno saputo rinnovarsi ancora una volta con qualità pur rimanendo immediatamente riconoscibili: se ciò non li rende una delle band migliori della scena…