MAUD THE MOTH – Orphnē

Pubblicato il 23/07/2020 da
voto
7.0
  • Band: MAUD THE MOTH
  • Durata: 41:30
  • Disponibile dal: 25/06/2020
  • Etichetta:
  • Mùsica Màxica

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Amaya López-Carromero, pianista di natali madrileni e ora trapiantata ad Edimburgo, torna con il suo nome d’arte e il suo progetto più noto ad insistere sulle tonalità malinconiche e suadenti di un goth-folk che ormai si tinge di terra profondamente britannica. Quei boschi, quelle leggende, quelle brume che già gli Esben & The Witch hanno saputo coordinare in territori paralleli al metal, seguiti poi Hexvessel e dalla Wolfe; insomma, ci siamo già capiti.
Orphnē, dunque, o Ὀρφνή, ninfa oscura del panorama mitologico greco (da cui anche il termine ‘orfano’) tende le direttive verso un album – il terzo per il progetto – che probabilmente si impone come il maggior risultato in termini di produzione e, tutto sommato, anche di impatto finale. C’è sicuramente molto dietro questi panorami oscuri, rappresentati da pianoforte e voce, ma anche da una batteria jazz, viole e violoncelli e un arsenale di strumenti folk, che infittiscono ulteriormente il panorama sonoro, donando quella opportuna profondità che si richiede a prodotti come questo. Panorama che naturalmente è determinato fondamentalmente dalla suadente voce della Carromero, in cui troviamo dentro Böcklin e il suo Isle of the Dead, Le Métamorphoses di Segundo de Chomón e ci sono le reminiscenze di un Ravel che – come indicato in sede di influenze – ricoprono la maggior parte di questo “Orphnē”.
Se l’impatto è certamente minimalista, il sottobosco del disco non lo è altrettanto. Senza affondare negli eclettismi autodistruttivi e artistoidi di una Lingua Ignota, i Maud The Moth stanno sempre intorno al medesimo influsso sonoro (“The Mirror Door”, “The Stainwell”, “The Abattoir”, “Finisterrae”) ma recuperano piacevolmente anche un certo piglio più jazzoso, più frizzante e libero, come nella ottima “Mormo And The Well”, uno dei momenti migliori e più free (insieme a “Epoxy bonds”), di cui forse si sentiva un maggiore bisogno anche in precedenza. L’intenzione generale, naturalmente, è quella di dare il medesimo tono (‘tocco’, più propriamente) al tutto. Il problema è, però, che sono in tanti ad affondare denti e anima nei territori del folk depressivo ed oscuro del Nord Europa: alcuni ritornano da quell’abisso per raccontarlo, altri, forse, si perdono un po’ nel proprio viaggio oltremondano ed esistenziale. Qui siamo un po’ a metà del discorso: molto talento, buone idee, ma ancora non si riesce a trovare il fattore X per distanziarsi opportunamente da concorrenti/compagni di viaggio folklorico.

TRACKLIST

  1. Ecdysis
  2. The mirror door
  3. The stairwell
  4. The abattoir
  5. Finisterrae
  6. As above, so below
  7. Mormo and the well
  8. Epoxy bonds
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