6.0
- Band: MAX PIE
- Durata: 00:52;56
- Disponibile dal: 15/07/2013
- Etichetta:
- Mausoleum
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
Apple Music:
Il nostro primo incontro con questa relativamente nuova band belga è avvenuto nel 2012, quando al Live di Trezzo assistemmo ad un loro show come opening act di Jon Oliva nel tour commemorativo di “Hall Of The Mountain King”. Per quel poco che sentimmo in una ventina di minuti di concerto, la musica proposta dalla band in questione si configurava come un elegante metal progressivo, dalle forti tinte power; descrizione questa che si adattava all’album promosso all’epoca (il debutto “Initial Proces”) ma che non risulta più così adeguato al caso attuale. “Eight Pieces, One World” è infatti più saldamente ancorato ad un progressive metal di chiara matrice Symphony X, che vede appunto nella band di Romeo e nei nostrani DGM paragoni molto più vicini rispetto a Kamelot o Rhapsody. Dotati dal punto di vista strumentale di una preparazione tecnica sicuramente ben sopra la media, i Max Pie potrebbero davvero tentare ‘il colpaccio’ mirando a produrre un disco sui livelli di Romeo e compagni; purtroppo però alla fine risultano investire un tantino troppo su questo unico punto, trascurando aspetti importanti quali l’originalità, o una maggiore cura nella ricerca di melodie vocali di maggior longevità. E’ infatti proprio il comparto vocale/lirico a convincerci di meno su questo disco, principalmente a causa di un cantante, Tony Carlino, dotato di una timbrica troppo hard rock oriented; la stessa non è proprio brutta, ciononostante risulta poco adatta all’impostazione tecnicamente più ricca sfoderata dal resto della band. Così, purtroppo, le linee vocali, anche se non cantate male, risultano poco incisive sul sottofondo della poderosa chitarra di Damian Di Fresco (parimenti influenzato dal suddetto Romeo e dal nostro Simone Mularoni) e della precisa sezione ritmica, che bene tiene il tempo di composizioni complesse e strutturate. Nonostante la durata ‘extralarge’ delle singole canzoni, spesso sopra i sette minuti, dobbiamo riconoscere agli otto brani di “Eight Pieces One World” un’orecchiabilità di fondo sempre marcata, che favorisce la fruibilità del disco stesso anche da parte dei fan dell’heavy o del power. Il problema anche qui rimane la difficoltà da parte di Carlini di fare da collante trai singoli passaggi, rendendo maggiormente organiche le canzoni e togliendo loro quell’aura di puzzle di vari pezzi che tanto stona all’interno di molti dischi progressive composti da band emergenti. Insomma, concludendo, non è che “Eight Pieces One World” sia un disco sgradevole, e non è che i Max Pie siano una band scarsa, anzi. Semplicemente, questo disco ci dimostra che i quattro belgi sono ancora acerbi per una scena difficile come quella del power-progressive, e che ancora devono maturare per poter focalizzare al meglio idee che già ci sono, ma che non si integrano ancora perfettamente con l’elevata caratura tecnica che i vari musicisti sanno di possedere. Un pizzico più di cuore, composizioni più meditate e una maggiore versatilità vocale da parte di Carlini: sistemati questi punti, saremo sicuramente pronti a premiare una futura uscita dei Max Pie con ben altra valutazione.