7.0
- Band: MAYAN
- Durata: 01:04:51
- Disponibile dal: 21/09/2018
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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In principio, il progetto di Mark Jansen (Epica) e del tastierista Jack Driessen (After Forever) proponeva un death metal di stampo progressivo, già ammiccante ad inserti melodici, ma con la terza fatica arrivano a dar vita ad uno stile decisamente più sfarzoso e dai toni operistici senza perdere del tutto i connotati d’origine. Si riparte dalle sonorità proposte in “Antagonise”, ma non si può che constatare che l’ingresso in pianta stabile delle vocalist Marcela Bovio e Laura Macrì (protagoniste assolute in “Satori” e nella title-track) i toni di “Dhyana” subiscano un’ulteriore deriva melodica, con le interpreti comunque ben collocate nel complesso. Davanti a questa evoluzione, è tuttavia probabile che fra coloro che hanno apprezzato maggiormente il disco d’esordio alcuni storceranno il naso. Forti di una campagna di crowfunding di notevole successo, i Nostri riescono nel loro intento di portare in studio un’orchestra e far nascere una collaborazione con la filarmonica di Praga (nota ai più per le esecuzioni dei temi cinematografici, tra gli altri, di Star Wars e Hannibal e per la partecipazione a “Death Cult Armageddon” dei Dimmu Borgir, per restare in tema metal), dando un contributo notevole alla riuscita dell’album. La sezione orchestrale riesce ad amalgamarsi perfettamente con le trame dal sound più estremo, il quale perde inesorabilmente un po’ di pacca e cattiveria, esaltando le parti liriche e donando un sound generale al disco pomposo ma dai toni eleganti e carichi pathos, in grado di rendere merito alle dinamiche di voci e strumenti. I brani sono sviluppati su strutture imponenti di matrice prog quel tanto che basta per caratterizzarne dei passaggi senza dover perdercisi all’interno durante l’ascolto, dato che non si lesina nei minutaggi, dando un buon ritmo a tutto il lavoro. I Mayan danno alla luce ottimi episodi all’interno dell’opera quali “The Rhythm Of Freedom” oppure “Maya – The Veil Of Delusion” e “The Flaming Rage Of God”, caratterizzate da ritmi sostenuti e che sfruttano un sound ‘cinematico’ alla Turilli senza risparmiarsi passaggi death dai toni prog, come in “Rebirth From Despair”. Questo “Dhyana” si rivela quindi l’ulteriore evoluzione di una band che non si è mai legata completamente ad un genere, sperimentando sempre molto, riuscendo a trovare delle buone soluzioni creative e degli ottimi interpreti.