MAYHEM – De Mysteriis Dom Sathanas

Pubblicato il 11/11/2012 da
voto
9.0
  • Band: MAYHEM
  • Durata: 00:46:01
  • Disponibile dal: 21/05/1994
  • Etichetta:
  • Deathlike Silence Productions

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A metà degli anni ’90 le chiese norvegesi andavano a fuoco. Non è un eufemismo: black metaller dediti all’Anticristianesimo bruciavano i luoghi di culto quando potevano, ma litigavano anche per questioni futili come quelle che portarono alla morte di Euronymous, creatore dei norvegesi Mayhem. Dopo che nel 1987 il gruppo debuttò con “Deathcrush” (una sorta di EP dove il thrash metal è ancora molto presente fra le influenze), la morte Dead, cantante svedese della band e icona del black metal come stile di vita, costrinse  Euronymous a completare la formazione con l’ungherese Attila alla voce, con Varg Vikernes (all’epoca Conte Grishnackh) al basso, Snorre W. Ruch (Blackthorn) alla chitarra ed Hellhammer alla batteria. A cavallo fra il 1992 e il 1993 procedono le lavorazioni per l’album che si va recensendo e dopo i fatti noti ai più che hanno portato alla morte del leader del gruppo,  “De Mysteriis Dom Sathanas” viene comunque pubblicato nel 1994 grazie alla spinta propulsiva di Hellhammer, che promise alla madre del defunto leader di ri-registrare le parti di basso di Vikernes senza poi farlo. E quindi finalmente il disco vede la luce, con titolo scritto in latino scorretto, con in copertina la cattedrale cristiana di Nidaros (che doveva essere data alle fiamme la notte della release dell’album, secondo i piani di Vikernes ed Euronymous) e con la sola foto promozionale di Euronymous ed Hellhammer nel CD. La scritta ‘A Tribute To Euronymous’ è scolpita nella parte posteriore del disco e non vi è menzione quindi degli altri musicisti. L’album, uscito per la Deathlike Silence di Euronymous, ha come codice dell’etichetta AntiMosh 06 (in contrapposizione a quanto pubblicava la label inglese Earache). Polemiche, vicissitudini giudiziarie e via discorrendo a parte, questo lavoro rimane uno dei più neri del periodo d’oro norvegese. Parliamo dei primi anni ’90, quando i Satyricon scrivevano il loro materiale migliore assieme a Enslaved, Emperor, Gorgoroth e Darkthrone (e chissà quante altre band di valore stiamo dimenticando). E quindi i Mayhem, con queste otto tracce, scrivono la storia del black metal nella sua accezione più nera, avvalendosi di uno stile chitarristico e di soluzioni vocali non proprie del movimento scandinavo dell’epoca. Il suono di chitarra è tagliente, mentre la batteria di un Hellhammer agli inizi conferisce un netto cambio di velocità rispetto all’esordio. La voce, poi: si pensa Mayhem e si fa riferimento a Dead, mentre va detto che il lavoro di un Attila Csihar ancora affidabile è encomiabile, bravo sia nel grugnito, sia nelle parti dove modula la voce per rendere più atmosferiche alcune parti, raggiungendo picchi strepitosi quando trasmette sofferenza e lamento. Per quanto riguarda le canzoni, ad aprire troviamo “Funeral Fog”, veloce, dominata da un inizio strumentale e caratterizzata dal riffing tetragono che permea il primo alone di oscurità, risultando un’opener perfetta. La segue uno dei cavalli di battaglia del gruppo, “Freezing Moon”, con un testo (scritto da Dead) che vorrebbe indurre al suicidio e una sezione ritmica con riff che definire ferali è poco. La caratteristica del brano, che si apre e si chiude a tutta velocità, è il break centrale dove Attila usa la sua voce sciorinando l’intero repertorio. L’album è comunque per lo più rapido, pregno di sfuriate iconoclaste come “Cursed In Eternity”, dove l’unica variazione è concessa alle tonalità usate dal cantante, mentre la sezione ritmica procede monolitica. Qualcosa di diverso si ascolta su “Pagan Fears”, nella quale i ritmi sono più ragionati e dinamici e dove finalmente a Hellhammer è concesso qualcosa che vada oltre il blast-beat. Strepitoso il finale della stessa, dove si sente finalmente una banale linea di basso, un esempio di come si possa creare epicità senza l’ausilio di tastiere et similia. Si respira ancora un po’ lungo la scaletta con “Life Eternal”, altro fra gli episodi migliori di questo disco: un solo di chitarra su un ritmo blando fa capolino a metà composizione, mentre il finale è di quelli debordanti, lanciati sulla classica e lunghissima ‘plettrata’ chitarristica, perno dello stile dei norvegesi. Con Attila ancora protagonista in “From The Dark Past”, il disco si chiude – dopo la velocissima “Buried By Time And Dust” – con la title-track, un lamento sonoro lungo otto minuti (declamato in latino) che cesella nella maniera più nera e diabolica possibile un album che ha rabbuiato l’animo di tutti i seguaci del black metal negli anni ’90. Quando si parla di Metallo Nero, si parla di questo album.

TRACKLIST

  1. Funeral Fog
  2. Freezing Moon
  3. Cursed In Eternity
  4. Pagan Fears
  5. Life Eternal
  6. From The Dark Past
  7. Buried By Time And Dust
  8. De Mysteriis Dom Sathanas
7 commenti
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