6.0
- Band: MAYHEM
- Durata: 00:48:01
- Disponibile dal: 07/12/2018
- Etichetta:
- Season Of Mist
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
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Negli anni intercorsi dall’uscita dell’ultimo “Esoteric Warfare”, un album che aveva contribuito a dividere ulteriormente il loro pubblico, non si può certo dire che i Mayhem abbiano fatto molto per accattivarsi simpatie, almeno dal punto di vista delle pubblicazione di materiale più o meno inedito. Tra il recupero dei vecchi bootleg dei live tenuti illo tempore con Dead, sulla cui qualità sorvoliamo per evitare di insultare un’etichetta storica come Peaceville, passando per la registrazione del primo show in cui hanno eseguito “De Mysteriis Dom Sathanas” per intero, i norvegesi hanno essenzialmente puntato a far circolare un po’ il loro nome e spillare qualche quattrino ai fan più incalliti. Ecco, non ci pare che questa riedizione di “Grand Declaration Of War” vari molto il discorso di cui sopra: era proprio utile e imperdibile la rimasterizzazione di un album che da una parte ha segnato la prima, corposa emorragia di pubblico per la band e dall’altro godeva, francamente, di una produzione perfettamente in linea per l’epoca? Jaime Gomez Arellano, il produttore che si è occupato di lavorare sui DAT originali, ha lavorato sull’eliminazione delle imperfezioni di chitarra e batteria, andando in particolare a ricreare pressoché ogni suono di quest’ultima per renderlo più ‘naturale’, senza toccare le parti vocali per esplicita richiesta di Maniac; paradossalmente ad emergere con maggior forza dalle varie tracce, al di là del suono di batteria meno glaciale, è proprio la voce, ma ci pare semplicemente il frutto del passaggio dal suono ultratriggerato originale alla resa pseudo analogica (parliamo pur sempre di un lavoro fatto meramente in studio). E quindi la domanda riaffiora con ancora più forza: era davvero necessario rendere più ‘sporco’ un album black metal che aveva nella produzione chirurgica e cibernetica uno dei suoi elementi più distintivi? Magari verremo smentiti dai nostri lettori più audiofili e attenti al lato tecnico, ma dopo diversi ascolti comparati non sapremmo davvero quali passaggi di particolare rilievo sottolineare, in termini di differenze concrete dall’originale; ci pare che l’unica novità plateale sia la copertina ad opera di Zbigniew Bielak: decisamente poco per caldeggiare l’acquisto a chi non rientra nella categoria del fan completista – e tra cui ci sarà inevitabilmente chi storcerà il naso per questo intervento revisionista. Ci limitiamo al voto politico per la qualità intrinseca del lavoro.