7.5
- Band: MAZE OF SOTHOTH
- Durata: 00:36:05
- Disponibile dal: 24/03/2023
- Etichetta:
- Everlasting Spew Records
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Di certo, non si può dire che ai Maze of Sothoth piaccia stare sotto i riflettori o fare le cose di fretta. Il convincente esordio “Soul Demise” – una delle primissime uscite dell’ormai famigerata Everlasting Spew – risale infatti al 2017; praticamente una vita fa, di questi tempi concitati e scanditi dalla ciclica esplosione di nuovi trend e fenomeni. Da allora, il gruppo bergamasco ha mantenuto un profilo molto basso, al punto da sparire quasi del tutto dai radar della scena death metal, continuando però a lavorare nell’ombra per affinare un suono che – dati alla mano – prende ancora oggi le distanze dalle mode del momento e da ciò che in questo campo può essere definito strettamente vecchio o nuovo. Un flusso magmatico e severo, su questo non ci piove, ma sempre attento alle proprie dinamiche interne e alle esigenze di una narrazione a tratti multiforme, da cui emergono precisi richiami e interessanti rielaborazioni.
Anche nel caso di “Extirpated Light”, la base è senza dubbio fornita dai Morbid Angel più spigolosi e tetragoni e dalle band che, tra la fine degli anni Novanta e l’inizio del nuovo millennio, contribuirono a riportare in auge il metallo della morte a stelle e strisce (Hate Eternal e Nile in testa), con digressioni ora più barbare, ora più sincopate a svelare come pure certe opere di Vomitory e Decapitated non siano passate inosservate agli occhi di Fabio Marasco e compagni, assai abili a distribuire il peso di queste influenze sulle spalle per non esserne schiacciati. Che si tratti di una melodia effimera, di una modulazione inaspettata o di una pennellata dissonante, c’è sempre qualcosa di accattivante nel moto circolare del guitar work che porta i brani più tesi a non smarrirsi nella dimensione del tritatutto, mentre quando si rallenta – vedasi le terrificanti “Blood Tribute” e “Sanctae Inqvisitionis” – il groove si tinge di una spiritualità ultraterrena che, in maniera prevedibile ma non per questo meno efficace, dimostra come le allucinazioni di Trey Azagthoth siano state pienamente interiorizzate dal quartetto, evitando altresì di risultare una copia carbone delle varie “Summoning Redemption” e “He Who Sleeps”. La tracklist procede in questa maniera, legata dalla giusta dose di dinamismo e cura per le architetture, per circa trentacinque minuti (durata perfetta, visto il genere), contraendosi e distendendosi con fare tecnico e ingegnoso senza mai perdere di vista l’impatto di una volta, il desiderio di seppellire l’ascoltatore sotto una pioggia incessante e ferocissima di colpi.
Dopo il comeback degli Antropofagus, aspettando ovviamente quelli di Devangelic, Hideous Divinity e Hour of Penance, un’altra grande prova di forza della scena death metal nostrana, con la speranza – a margine – che questa volta i Maze of Sothoth diano più continuità sul piano live e delle pubblicazioni alle loro visioni apocalittiche.