ME AND THAT MAN – New Man, New Songs, Same Shit, Vol.2

Pubblicato il 18/11/2021 da
voto
8.0
  • Band: ME AND THAT MAN
  • Durata: 00:44:30
  • Disponibile dal: 19/11/2021
  • Etichetta:
  • Napalm Records

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Adam Darski, in arte Nergal, ha da diversi anni la costante di essere un artista divisivo; una forma carina per dire che o lo si ama o lo si odia, e di solito per i detrattori la chiave della critica non è qualitativa, quanto da ricercarsi nell’accusa di essere – come dire? – un po’ piacione.
Chi quindi non apprezza la sua invasiva presenza sui social, le sue recenti scelte musicali coi Behemoth e, ancor più, la “svolta” catchy dei Me And That Man, non cambierà certo idea con questo disco; per chi invece sceglie di separare il big name metal da questo progetto, oggettivamente non ci sono molte critiche da muovere, anzi: averne di dischi paraculi, ma così ben fatti, se vogliamo restare sulle nostre parole iniziali. Fedele alla formula testata con il precedente disco e azzerata ormai la presenza del “that man” di cui al monicker (o meglio, trasformata in una legione di amici), Adam e i suoi compagni di viaggio propongono una nuova raccolta di brani in cui mettere a nudo sentimenti e sensazioni attraverso la chiave musicale a ciò più consona, ossia il country-blues. O come dicono loro, non a torto, dark folk.
Da questo punto di vista, “New Man, New Songs, Same Shit, Vol.2” perpetua titolo e formula del suo predecessore, con ospitate di livello eccelso in ogni brano, ma raggiunge un’uniformità maggiore, col risultato che – nonostante voci e dettagli variegati – i dodici brani qui presenti sembrano costituire un’unica, armoniosa narrazione. Hank Von Hell apre il sipario con un pezzo cupo e tirato all’osso, mentre Mary Goone, alias Tobias Forge, cala il primo asso sul tavolo dell’immaginario saloon e i cappelli si levano alti per la meravigliosa e pomposa “Under The Spell”; Blaze Bailey offre un blues sofferto, mentre Abbath sembra guardare a Lemmy attraverso il Delta, con uno sguaiato brano al gusto di nicotina e whisky. Se Krystoffer Rygg e David Vincent strizzano l’occhio con due ottimi brani di matrice Americana, sta a Michale Graves azzeccare un altro degli highlight da notte fonda e sbronze. Delicato, rarefatto e toccante, dalle parti di PJ Harvey, l’ottimo brano composto dal bassista Matteo Bassoli (sì, cediamo con piacere all’orgoglio nazionale) per la voce di Myrkur, che su onde folk e insieme psichedeliche mostra il suo meglio.
Sono pochi i brani che non abbiamo in qualche modo citato, ma non si tratta di filler. Come detto, è un disco che può essere considerato un romanzo, magari pulp ma da autore e avvincente, con il quale attraversare gli Stati del Sud a bordo di un Greyhound, possibilmente sbronzi.

TRACKLIST

  1. Black Hearse Cadillac
  2. Under The Spell
  3. All Hope Has Gone
  4. Witches Don't Fall In Love
  5. Losing My Blues
  6. Coldest Day In Hell
  7. Year Of The Snake
  8. Blues Cocaine
  9. Silver Halide Echoes
  10. Goodbye
  11. Angel Of Light
  12. Got Your Tongue
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