MEGADETH – The Sick, the Dying… And The Dead!

Pubblicato il 30/08/2022 da
voto
8.5
  • Band: MEGADETH
  • Durata: 00:55:06
  • Disponibile dal: 02/09/2022
  • Etichetta:
  • Universal Music Enterprises

Spotify:

Apple Music:

Non sono un mistero le dichiarazioni di amore, incensamento e approvazione che questo nuovo disco dei Mustaine e soci sta riscuotendo ormai da mesi – fosse anche per l’ascolto dei soli singoli usciti finora.
Appurato che già il precedente “Dystopia” aveva portato ottimi segnali sulle attività in casa Megadeth, facciamo un bilancio semplice: Dave Ellefson l’abbiamo perso per strada per una nota questione, Chris Adler era fin dall’inizio un ospite a tempo, non restano insomma dubbi che il segreto di questa seconda (terza?) giovinezza per la band stia nel sodalizio tra MegaDave e il talentuoso Kiko Loureiro. Il quale non solo ha evidentemente contribuito a portare aria fresca, ma a nostro parere era il tipo di chitarrista dall’approccio classico e baroccheggiante, pur misurato, che serviva per motivare e integrare il lavoro di Mustaine: ché alla fine, diciamocelo, per quanti mostri della sei corde abbia alternato al proprio fianco negli ultimi venticinque anni, il meglio l’ha saputo tirare fuori quando il suo sodale si chiamava Marty Friedman (e Chris Poland prima di lui, a dirla tutta). Come risultato possiamo dire, senza timore di iperboli, che le dodici tracce di “The Sick, The Dying… And The Dead!” ci riportano indietro, per suoni, potenza e qualità fino al periodo compreso tra “Rust In Peace” e “Countdown To Extinction”, stuzzicando così il più profondo godimento, e poco male se nel frattempo sono trascorsi trent’anni (30!) dagli esiti alterni. Non è certo la riconquista di uno scettro tardivo l’obiettivo che Mustaine e soci possono verosimilmente porsi a questo punto della carriera, quanto mostrare di esserci ancora, di divertirsi e di saper toccare le vette di un tempo senza scimmiottarsi pateticamente. I brani, infatti, non solo sono pressoché tutti molto incisivi, ma riescono a riportare alla mente le cose migliori del passato con originalità; diversi riff vi faranno alzare un sopracciglio al ricordo di brani del passato, senza però mai cedere alla copia pedissequa, così come la chitarra solista torna a essere una voce viva e spesso parallela a quella di Mustaine, senza mai banalizzare, però, questo approccio che – di fondo – nel thrash ha portato a compimento proprio il rossocrinito Dave.
Sarà l’entusiasmo, sarà l’importanza di questa uscita, ma cediamo per una volta a una veloce analisi traccia per traccia, a questo punto.
Si parte subito alla caccia dell’interesse dell’ascoltatore, con l’intro arpeggiata dell’incalzante title-track posta in apertura, guidata da un riff che resta subito impresso (così come il ritornello) e dal contraltare degli eleganti ricami di Loureiro. Anche i rallentamenti funzionano molto bene, e proprio come gli intermezzi più melodici sono una costante all’interno di molti brani qui presenti. “Life In Hell” accelera i ritmi, ma con una linea vocale più scanzonata, e fa da apripista alla furiosa “Night Stalkers” con uno dei riff più retrò e tecnici del lotto; c’è un ulteriore omaggio al passato più remoto della band nella linea vocale incalzante e roca, e colpisce poi la curiosa ed esaltante presenza di Ice-T alla voce nella seconda parte, che stravolge le carte in tavola e dà adito a un andamento più catchy. “Dogs Of Chernobyl” si apre su movenze epiche, si assesta nella forma di un midtempo tutt’altro che banale, con inserti di chitarra spiazzanti e un cantato molto particolare con raddoppi dello stesso Mustaine, prima di un finale incalzante e velocissimo. “Junkie” ha una struttura analoga alla title-track, così come l’approccio faceto, con microassoli a spezzare l’andamento del brano e a mettere in spolvero la classe di Loureiro. Dopo il cupo intermezzo di “Psychopathy” il disco riparte subito intenso: “Sacrifice” sembra riassumere i brani precedente, e per certi versi buona parte della carriera dei Megadeth, con melodia, velocità, tecnica e sfrontatezza a dipingere una ispirata e accattivante cavalcata che mette sugli scudi anche la sezione ritmica, tra cambi di tempo improvvisi e accelerazioni.
Una sezione ritmica che merita più di cinque parole, a ben vedere, con un Verbeuren in grande spolvero e dalla precisione clinica, accompagnato da un turnista di lusso come Steve Di Giorgio (sempre che abbia davvero ri-registrato lui le parti già incise da Ellefson…), che non manca di ritagliarsi momenti di primissimo piano. Ricordiamo che, comunque, l’attuale formazione vede di nuovo in sella il redivivo ed efficace LoMenzo, e funziona bene: ne abbiamo avuto ottima prova al recente Rock The Castle, del resto.
Tornando all’analisi per sommi capi dei brani, “Killing Time” resta sui binari dei pezzi precedenti, segnalandosi però per un’orecchiabilità notevole e per i coinvolgenti stop’n’go, quasi avessimo a che fare con una moderna “This Was My Life”, per di più impreziosita da un azzeccato arpeggio nella parte centrale. Su “Soldier On!”, nomen omen, è un ritmo marziale a dominare il brano, pur tuttavia con parecchia melodia e uno di quei bridge che hanno sempre distinto i Megadeth, prima del tamarissimo finale con omaggio ai marines; “Célebutante” contrappone nelle sue due parti una velocità esecutiva spasmodica e un riff più cadenzato, con uno scontro finale alle sei corde davvero retrò, ma godibilissimo. “Mission To Mars” è forse l’unico pezzo del lotto a mostrare particolare vicinanza al canone più recente della band, soprattutto per il ritornello che sorpassa la ruffianeria più eclatante; il riffing furioso finale, intrecciato a voci da missione stellare, appunto, non salva del tutto l’unico brano, se non debole, un po’ banalotto. Il finale è affidato a “We’ll Be Back”: non a caso scelta come singolo e disponibile già da qualche mese, è il perfetto manifesto d’intenti di questa nuova/antica anima dei Megadeth. Ci si trova potenza, assoli nostalgici ma impeccabili, la cattiveria ‘tossica’ di “Peace Sells”, la ricercatezza dei due dischi a seguire: cos’altro potremmo chiedere ai canonici quattro/cinque minuti di thrash?
La morale, insomma, è semplice: se avete amato i Megadeth incondizionatamente lungo tutto l’arco della carriera, riteniamo che questo disco possa lasciarvi a bocca aperta. Se siete orfani nostalgici del Mustaine di sei lustri fa, potreste commuovervi ritrovando quelle atmosfere e quel tipo di approccio compositivo. Di certo, per restare indifferenti è necessario non aver mai apprezzato una singola nota di questa band.

TRACKLIST

  1. The Sick, the Dying... And The Dead!
  2. Life in Hell
  3. Night Stalkers
  4. Dogs Of Chernobyl
  5. Sacrifice
  6. Junkie
  7. Psychopathy
  8. Killing Time
  9. Soldier On!
  10. Célebutante
  11. Mission To Mars
  12. We'll Be Back
0 commenti
I commenti esprimono il punto di vista e le opinioni del proprio autore e non quelle dei membri dello staff di Metalitalia.com e dei moderatori eccetto i commenti inseriti dagli stessi. L'utente concorda di non inviare messaggi abusivi, osceni, diffamatori, di odio, minatori, sessuali o che possano in altro modo violare qualunque legge applicabile. Inserendo messaggi di questo tipo l'utente verrà immediatamente e permanentemente escluso. L'utente concorda che i moderatori di Metalitalia.com hanno il diritto di rimuovere, modificare, o chiudere argomenti qualora si ritenga necessario. La Redazione di Metalitalia.com invita ad un uso costruttivo dei commenti.