6.5
- Band: MELECHESH
- Durata:
- Disponibile dal: 31/05/2003
- Etichetta:
- Osmose Productions
- Distributore: Audioglobe
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Seconda uscita per i fautori del metal mesopotamico (come loro stessi amano definirsi) Melechesh, nelle cui fila milita Proscriptor, sensazionale batterista dei celebri Absu e gran conoscitore delle civiltà del passato. La musica dei Melechesh nasce proprio da questa attrattiva verso le remote e gloriose civiltà di un tempo, da quella egizia a quelle dell’area mesopotamica. Il genere scelto dalla band per rievocare atmosfere assopite nella notte dei tempi è un thrash energico con un lieve tocco sia heavy (per gli assoli) che black metal (per il cantato screaming). I Melechesh ormai non sono più al debutto e sembra che abbiano perso il treno giusto per entrare nella ristretta cerchia degli immortali perché le release della band sono tutto tranne che irresistibili. Questo “Sphynx” non è un cattivo album, ma ci sono alcuni fattori che non lo fanno diventare un capolavoro o un album ambizioso. L’ambizione in teoria c’è: è quella di creare un’atmosfera musicale particolare, unica, riferendosi alle melodie che potrebbero riempire il nostro mondo immaginario di figure appartenute a lontani popoli del passato. L’intento riesce fino ad un certo punto poiché, anche se in alcuni sprazzi le chitarre riescono a creare un mood antico, il loro thrash – per come è strutturato – non sembra essere il genere più indicato per ‘evocare’ atmosfere perdute. La registrazione, poi, pur essendo nella norma in quanto a qualità, non dà la possibilità a Proscriptor di far valere il suo estro di batterista. Le poche sfuriate in cui Proscriptor si lascia andare non sono supportate da una produzione devastante, ma sono le chitarre a fare sempre e comunque la parte del leone. Bella la dinamica e potente opener “Of Mercury And Mercury” e la suggestiva ed atmosferica “The Arrival Ritual” (qui sì che sembra di essere tornati indietro al tempo in cui la civiltà sorta fra il Tigri e l’Eufrate era sinonimo di civiltà avanzata in moltissimi settori), forse i due capitoli migliori di un album piacevole e che si lascia ascoltare, ma ha il difetto di non appassionare mai quanto invece riesce a fare il concept grazie alle sue intrinseche potenzialità. I dinasti di un tempo aspettano ancora i loro eredi capaci di rievocare con la giusta carica le gesta eroiche non sommerse dalla sabbia del tempo…