6.5
- Band: MELVINS
- Durata: 01:21:18
- Disponibile dal: 07/07/2017
- Etichetta:
- Ipecac Recordings
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Come se non bastasse una discografia già straripante, quest’anno i Melvins tornano tra noi con un doppio album – e apparentemente un altro con ospitate d’eccellenza in programma; ma diamo tempo al tempo e parliamo di questo “A Walk With Love And Death”, progetto in sé ambizioso: non solo si tratta del primo lavoro su due dischi della loro carriera, ma la parte denominata “Love” è in realtà la colonna sonora del cortometraggio di Jessie Neiminem che dà il titolo all’intero lavoro. Partiamo da qui, nonostante si tratti del secondo disco, perché pur non mancando tutti gli ottimi tratti distintivi della band americana, il ricorso a dilatazioni, effetti e l’evidente legame a filo doppio con le immagini fanno sì che il lavoro si collochi in un ambito di avantgarde, suoni diafani e rumorismi che, per quanto non inatteso da queste parti, rimane decisamente poco fruibile in sé; poche tracce risultano memorabili, o meglio distinguibili: tra tutte, vale forse la pena citare i passaggi drone di “Street Level St. Paul”, il surf in chiave psicotica di “Give It To Me” o “Scooba”, che pare uscita dai primi lavori dei Mr. Bungle. Ma complessivamente il voto resterebbe alquanto sospeso tra una promozione d’ufficio e più di qualche perplessità di fondo. Ma alla fine stiamo parlando di una delle band più imprevedibili partorite negli ultimi trenta (e passa) anni, e quindi siamo certi che King Buzzo e soci non si offenderanno sicuramente se, dopo il primo ascolto, solo il primo CD, ossia “Death”, resterà nel nostro stereo. Che dire quindi di queste nove tracce? Mai come in questo caso tutto riparte magnificamente da dove ci eravamo lasciati, o almeno da un equilibrato mix degli ultimi anni di produzione del trio; si sente costantemente la presenza del recente acquisto Steve McDonald al basso, che pare avere ormai acquisito questo ruolo in forma duratura (ma vedremo…), così come le sonorità più retrò e a tratti nostalgiche di quel grunge dai Melvins appena sfiorato (“What’s Wrong With You?”) che già rifacevano capolino in “Tres Cabrones” o “Hold It In”. C’è spazio per le loro derive più cupe e grasse, come in “Black Heath”, che riporta alla mente le cadenze più oscure dei tempi di Stoner Witch, oppure “Euthanasia”; e come abbiamo avuto modo di dire anche in sede di recensione del precedente “Basses Loaded”, i Melvins riescono a non deludere mai, magari stupendo meno, ma solo perché l’imprevedibilità è diventata una costante. Fingiamo quindi che il secondo CD sia solo una chicca per i fan, e godiamoci la prima parte con la costanza delle buone cene alcoliche tra amici cari: anche se sono sempre gli stessi da anni, superano sempre la sufficienza in scioltezza.