MERCYFUL FATE – 9

Pubblicato il 01/07/2024 da
voto
8.5
  • Band: MERCYFUL FATE
  • Durata: 00:41:49
  • Disponibile dal: 15/05/1999
  • Etichetta:
  • Metal Blade Records

Spotify:

Apple Music:

Che il periodo d’oro dei Mercyful Fate non siano stati gli anni Novanta è cosa piuttosto assodata, e del resto, quando si entra letteralmente nella storia di un genere musicale con un EP e due full-length, può essere difficile superarsi, anche quando ci si chiama Denner e Shermann o King Diamond. Come la storia ci ha insegnato, anche dopo i suddetti capolavori, il Re Diamante (o Re di Quadri, che dir si voglia) ha saputo aggiungere altri tasselli all’immenso puzzle dell’heavy metal – questa però è un’altra storia (dell’orrore, of course) – ma possiamo dire che, sebbene un vero e proprio disco brutto i Mercyful Fate non l’abbiano mai fatto, i lavori usciti dopo “Don’t Break The Oath” sono stati tutti si buoni ma mai epocali. Fu quindi con una certa sorpresa che, quando uscì “9” e imberbi lo mettemmo nel walkman con aspettative non altissime, smorzate dagli universali amici più grandi, ci prese quasi un colpo. Se è vero difatti che “9” non sia un capolavoro assoluto, è altrettanto vero che se lo standard di un disco mediocre (nomea che si è fatto nel corso degli ormai venticinque anni di esistenza) è quello di quest’opera, vivremmo in un mondo fatto di dischi molto belli. Sicuramente, l’età ‘giusta’ all’uscita del disco fece molto, ma anche oggi, riascoltando le trame di questo lavoro, non possiamo che sussultare di fronte ad alcuni momenti davvero funzionanti e, in generale, per delle canzoni che magari non spiccano tutte, ma che non vanno mai sotto una certa soglia di pericolo.
L’apertura affidata a “Last Rites” ci sorprende con delle chitarre strambe ad opera del duo composto da Hank Shermann e Michale Weid, in compagine da un paio d’anni, che danno vita ad un incipit che forse non tramortisce, ma che scorre con vivacità e che resta in testa con un ritornello efficace. Segue “Church Of Saint Anne”, di cui ancora oggi apprezziamo la sfacciataggine con cui viene pronunciata “Sa(n)t’Anna”, per un brano cadenzato che spicca soprattutto per il suo afflato melodico e per un finale molto teatrale. Gli acuti di King Diamond sono meno presenti all’interno del disco, lasciando il posto a dei vocalizzi melodici come quelli di “Sold My Soul”, brano sicuramente inusuale, che inizia con un basso effettato ma che si rifà all’altezza del ritornello, roccioso e istrionico. “House On The Hill” parte con foga, battezzata da un riff abbastanza ottantiano e convincente, ma soffre di alcuni strani suoni e di una certa piattezza. Altra storia con “Burn In Hell” che, pur straniante per la sua introduzione, permette al duo di asce di giocare con assoli e riffing scritti apposta per accompagnare il falsetto e le mascherate vocali di King Diamond, con molti cambi di tempo e un approccio abbastanza diretto. Una canzone sicuramente figlia dei propri anni (la produzione del disco, in generale, è molto ‘moderna’), che fa la sua figura senza risultare nostalgica, anche se non siamo ancora a livelli altissimi. Secondo chi scrive, questi livelli si raggiungono con “The Grave”, col suo testo luciferino e le sue atmosfere che ci riportano ai tempi di “Satan’s Fall”, pur con i dovuti distinguo – soprattutto nel modo di suonare le chitarre e dall’aria che tira dopo lo stacco che velocizza il brano. Il finale non è da capolavoro, forse, ma avercene di canzoni così.
“Insane” forse è il brano meno riuscito del lotto, con una struttura forzosamente aggressiva basata su tre minuti sorretti dalla doppia cassa di Bjarne T. Holm e un riffing non così clamoroso. Si passa velocemente a “Kiss The Demon”, canzone che condivide con “Sold My Soul” una sorta di stranezza figlia di ispirazioni probabilmente datate a prima dello storico EP di debutto, quindi gli anni Settanta. Al di là della presentazione inusitata con quell’intro soffice che si ripeterà per la durata della canzone, “Kiss The Demon” ha una struttura molto efficace, capace di sedurre con la voce suadente che apre il brano e un’apertura squarciata da un riffing squisitamente heavy metal, con un ritornello semplice e vecchia scuola, che raggiunge il culmine nel passaggio a due minuti e mezzo di canzone. All’epoca ci innamorammo pazzamente della seguente “Buried Alive”, per la sua storia di vendetta dall’Oltretomba che tanto ci ricorda “Evil” e per una struttura musicale che la rende la miglior canzone del disco, sicuramente quella che potrebbe confrontarsi senza sensi di inferiorità con alcuni grandi classici. Tuttavia, si sente benissimo l’epoca di scrittura del brano, che avanza cadenzato nella velenosa narrazione (con un King Diamond convincente e convinto), alternando arpeggi e riff marziali, rallentamenti e ripartenze e un finale tra i migliori di questa fase di carriera del gruppo. Il disco si chiude con la sulfurea title-track, un brano ancora una volta inusuale (cosa che, come abbiamo visto, si ripresenta spesso, sintomo forse di una band in cerca di nuove maniere di esprimersi), con arpeggi sinistri e un incedere claudicante che esplode nel ritornello, che pure non rende “9” una canzone manifesto ma sicuramente si fa apprezzare per il tentativo. Finisce il disco e per un lungo periodo anche la storia dei Mercyful Fate, che non riuscirono a mantenere intatta la seconda reunion, fino a rincontrarsi una decina d’anni dopo. E anche questa è un’altra storia.
Insomma, la fama di quest’album è a nostro avviso immeritata, dettata forse dal periodo e da tutta una serie di fattori che, a un quarto di secolo dalla sua uscita, crediamo si possano finalmente scremare dall’opera in sé, dando l’opportunità a “9” di apparire se non nella lista dei capolavori totali della band (che coincidono con alcuni capolavori totali dell’heavy metal stesso, a ben vedere) sicuramente nemmeno in quella dei cattivi prodotti della compagine danese. Da riscoprire e godere nella sua forma magari non perfetta, ma proprio per questo gustosissima.

TRACKLIST

  1. Last Rites
  2. Church of Saint Anne
  3. Sold My Soul
  4. House on the Hill
  5. Burn in Hell
  6. The Grave
  7. Insane
  8. Kiss the Demon
  9. Buried Alive
  10. 9
0 commenti
I commenti esprimono il punto di vista e le opinioni del proprio autore e non quelle dei membri dello staff di Metalitalia.com e dei moderatori eccetto i commenti inseriti dagli stessi. L'utente concorda di non inviare messaggi abusivi, osceni, diffamatori, di odio, minatori, sessuali o che possano in altro modo violare qualunque legge applicabile. Inserendo messaggi di questo tipo l'utente verrà immediatamente e permanentemente escluso. L'utente concorda che i moderatori di Metalitalia.com hanno il diritto di rimuovere, modificare, o chiudere argomenti qualora si ritenga necessario. La Redazione di Metalitalia.com invita ad un uso costruttivo dei commenti.